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La Tempesta Incombente - Capitolo 17



C’erano un sacco di bar, taverne e locali nelle vie attorno a Nivix. A tutti i chimimaghi, gli operai e i bruciatori piaceva ubriacarsi, forse anche più del normale, data la natura pericolosa del loro lavoro. C’erano locali di alta classe dove i capi progetto potevano scambiarsi informazioni davanti ad una, due o tre bottiglie di vino, e bettole rumorose dove se qualcuno non volava fuori da una finestra la serata non era andata bene. Dai pub dei viashino riecheggiavano canzoni tipiche fino alle prime ore del mattino, accompagnate dalle tristi melodie dei loro flauti tradizionali. Perfino i vedalken a volte potevano essere tentati da un paio di bicchierini, giusto per perfezionare al meglio il loro stato emotivo.

 

La taverna verso la quale Ral era diretto era un posto molto diverso rispetto a quelli appena descritti. Nessuno stava festeggiando, né c’era alcun tipo di musica. Era quasi interamente sottoterra, ed una scalinata scendeva sotto un instabile condominio per sbucare in un grande spazio oscuro, diviso da grossi pilastri di supporto e suddiviso in centinaia di nicchie e rientranze.

 

Aveva una cattiva reputazione, ma non a causa delle risse o del dubbio buon costume. In quel luogo ci si andava quando ogni cosa era andata per il verso sbagliato, quando il tuo progetto era fallito, quando i tuoi rivali avevano trionfato, o quando la cosa sbagliata era esplosa una volta di troppo. Gli avventori erano chimimaghi con un malsano luccichio negli occhi, ingegneri dai capelli scompigliati che scarabocchiavano ripetutamente sui tovaglioli, figure incappucciate piegate su boccali di birra che mormoravano quanto gliel’avrebbero fatta vedere la prossima volta. I progetti incisi nei cabinati e nelle stanze sul retro spesso finivano con il rivelarsi dei rottami fiammeggianti che si sfaldavano per la città e quindi, coerentemente, l’insegna fuori dalla taverna proclamava il proprio nome: I Rottami Fumanti.

 

Ral aveva passato moltissimo tempo in quel luogo, nei giorni prima di incontrare Tomik. Gli piaceva l’atmosfera.

 

Quella sera, tuttavia, si trovava lì perché in ufficio gli era stato consegnato un biglietto da parte di un corriere elementale che chiedeva un incontro con lui in quel luogo. Sotto la sua tunica incappucciata portava il suo accumulatore ed i guanti, e mentre scendeva le scale aveva analizzato tutta la clientela. C’era più gente del solito, e poteva avere un senso: il progetto dei risonatori, il suo grande progetto per modificare il Patto delle Gilde contro il volere di Azor stesso, era quasi completo, e quasi tutto lo staff di Nivix aveva la serata libera.

 

I Rottami Fumanti non aveva un bancone, e nemmeno dei camerieri. I drink venivano consegnati da dei piccoli costrutti a forma di vassoio con diverse zampe articolate. Il loro costante movimento donava a quel luogo una sorta di aura movimentata, come se fosse vivo e trepidante. Ma questo significava anche che nessuno poteva origliare, che era proprio il punto per il quale gli avventori si trovavano lì.

 

Il biglietto l’aveva condotto verso un tavolo sul retro. Ral si fece strada cautamente e trovò un cabinato circondato da una spessa tenda nera. Scostandola leggermente, tirò un sospiro di sollievo, entrò e si sedette.

 

“Lavinia” mormorò lui. “Avresti potuto dire che eri tu.”

 

“E rischiare che il mio biglietto venisse intercettato? Un ottimo modo per subire un’imboscata.” Lavinia si allungò lungo tutto il tavolo per chiudere la tenda. “Sei un uomo difficile da incontrare ultimamente, Ral. Non passare troppo tempo da solo.”

 

“Sono stato occupato” ringhiò Ral. “Sono ancora occupato. Sai, per salvare la città e tutto il resto. Dopo il disastro al vertice delle gilde, qualcuno deve pur farlo.”

 

“Lo so.” Lavinia abbassò la testa, e la sua espressione trasmetteva sincero dolore. “Ho fallito.”

 

Ral scosse la testa. “Tu ci avevi detto di stare attenti a Vraska. Ho lasciato che i miei sentimenti mi accecassero.”

 

“Sono stati fatti molti gravi errori.” Lavinia appoggiò le mani sul tavolo. “Ma, grazie a te, non è ancora finita. E quindi ho ancora del lavoro da compiere.”

 

Ral si rese conto che Lavinia non era al massimo della forma. I suoi capelli erano scompigliati e unti, come se non se li fosse lavati per giorni, e la sua pelle era ricoperta di fuliggine. I suoi vestiti, volutamente ordinari, erano sgualciti e macchiati, e c’erano delle scure occhiaie sotto i suoi occhi.

 

“Quand’è stata l’ultima volta che hai dormito?” disse Ral.

 

“Ha importanza?” disse Lavinia. “Bolas sta arrivando. Non abbiamo più tempo.”

 

Ral si irrigidì. “Quando?”

 

“Questa notte. Credo.” Si strofinò il viso. “Ho decifrato alcuni codici dei suoi agenti. Sono sulle tracce del loro leader, ma penso che voglia che lo trovi. Per questo avevo bisogno di vederti.”

 

Questa notte. La mente di Ral iniziò a turbinare. È vicino, molto vicino. I risonatori erano stati terminati, gli allineamenti completati. C’erano da fare altri controlli, aggiustamenti dell’ultimo minuto-

 

“Possiamo farcela” disse lui. “Andremo un po’ al risparmio, se dobbiamo, ma ce la faremo. Riferirò a Niv-Mizzet che dobbiamo attivare immediatamente il macchinario.”

 

“Bene.” Lavinia si accasciò sulla sua sedia. “Molto bene. Almeno avremo una possibilità.”

 

“Vieni con me” disse Ral. “Eri lì all’inizio dell’intero progetto. Dovresti esserci anche alla sua fine.”

 

Lei scosse la testa. “Non posso. L’ho quasi preso.”

 

“L’agente?”

 

Lavinia annuì. “Ci riuscirò stanotte. Una minaccia in meno. L’ultima cosa che vogliamo quando Bolas arriverà è un pugnale conficcato nella nostra schiena.”

 

“Sai chi è?”

 

“Non ancora. Ma lo scoprirò.”

 

“Io ho… un sospetto.” Tezzeret. Ral non era sicuro che fosse ancora a Ravnica, ma era logico che potesse coordinare le spie di Bolas. “Stai attenta. Se avrai a che fare con chi penso io, è molto pericoloso.”

 

“Credimi, lo so” disse Lavinia. “Lo seguo da abbastanza tempo da conoscere piuttosto bene i suoi metodi.”

 

“Hai bisogno di rinforzi?”

 

“Lo metterebbe solo all’erta.” Lei si alzò in piedi. “Tu fai il tuo lavoro, Ral, e lasciami fare il mio. Non fallirò un’altra volta.”

 

Ral annuì lentamente. “Buona fortuna, allora. Se sopravviveremo, ti devo un drink.”

 

“Buona fortuna.” Lavinia gli concesse il fantasma di un sorriso. “Se sopravviveremo, lo accetterò volentieri.”



Ral attraversò i cancelli di Nivix con l’energia che crepitava attorno a lui. Degli archi di elettricità lo connettevano brevemente agli stipiti di ferro, come fossero vermetti di vibrante luce bianca che strisciavano tra i supporti delle torce che oltrepassava. Il suo lungo cappotto svolazzava dietro di lui, e il suo cappuccio era caduto all’indietro, rivelando la sua particolare acconciatura e la sua striscia bianca tra i capelli.

 

“Gullifen! Noz! Fredon!” gridò lui. “Messaggio per tutte le sezioni! Facciamo scattare l’interruttore stanotte. Mettete in linea tutti i risonatori il prima possibile. Voglio il resoconto della situazione costantemente.”

 

“Stanotte, capo?” disse Gullifen. Era una goblin ed una delle ingegnere principali del progetto, responsabile della parte costruita all’interno dello stesso Nivix. Si affrettò a raggiungere il fianco di Ral, costretta a compiere due piccoli passi equivalenti ad una lunga falcata dell’umano per potergli stare dietro. “Non siamo pronti!”

 

“Siamo pronti” disse Ral. “Oppure lo diventeremo. Non abbiamo scelta.”

 

“Ma i test di calibrazione-”

 

“Ascolta” disse Ral, alzando la voce. Ben presto una piccola orda di goblin, umani e vedalken si era radunata dietro di lui, da quando era entrato improvvisamente nel complesso. Ral si raddrizzò, sentendo il peso di tutti quegli occhi puntati, e si schiarì la gola. “Se non attiviamo il macchinario stanotte, un drago talmente antico da risultare praticamente un dio arriverà a Ravnica e si assicurerà personalmente che non avremo la possibilità di attivarlo domani. Capite, adesso? Quindi, se non c’è tempo di fare i test di calibrazione, dite ai vostri di riuscirci al primo colpo.”

 

Gullifen deglutì rumorosamente e fece un saluto formale. “Sì, capo!”

 

La folla si sparpagliò come i piumini di un dente di leone, con gli operai e i chimimaghi che correvano in tutte le direzioni. Alcuni erano diretti verso le viscere di Nivix, dove erano tenute le immense bobine di mizzium che avrebbero alimentato il nodo centrale. Altri si affrettarono ai sistemi secondari, o andarono a consegnare messaggi alle altre stazioni. Erano preparati per quel momento, si erano addestrati, e Ral percepì una punta d’orgoglio nel vedere che tutti sapevano esattamente cosa fare.

 

“Di sopra” disse Ral a Gullifen. “Inizieremo a testare gli altri nodi quando saranno attivi. Faremo il possibile.”

 

“Sì, capo” disse la goblin.

 

Ral saliva le scale tre gradini alla volta, lasciando Gullifen ad inseguirlo al meglio delle sue capacità. Arrivarono al decimo piano. Lì era stata rivoluzionata una corposa sezione dei laboratori e degli uffici così che lasciasse un vasto spazio per la sala controllo del macchinario. Otto stazioni, ciascuna ricavata da un’officina di metallo ricoperta di cristalli luminosi, quadranti tremolanti e bobine di mizzium lucenti, erano posizionate a semicerchio attorno alla pedana e al pannello centrali. Ral salì gli scalini e guardò verso l’altro lato della stanza, dove i chimimaghi stavano correndo avanti e indietro per mettersi in posizione.

 

“Energia in erogazione!” gridò un tecnico. “Carica al novantasette per cento.”

 

“Nodo numero 1 pronto all’attivazione!” disse un altro.

 

Quello era il centro della rete, proprio nel cuore di Nivix, l’unico luogo di cui Ral poteva veramente fidarsi. Abbassò lo sguardo verso il suo pannello di controllo, dove si trovavano otto piccoli interruttori di metallo, e sopra di essi un grande sezionatore con due sporgenze, colorato di rosso e avvitato nella sua posizione. Ral avvicinò la mano ad uno degli interruttori più piccoli e lo spostò verso l’alto.

 

“Attivazione del numero 1” disse lui. “Rapporto sullo stato.”

 

“Il nodo numero 1 si sta attivando!” strillò un operatore. “Si sta allineando con la griglia.”

 

“Sembra tutto ok” aggiunse un altro. “Nessuna interferenza, per ora.”

 

Ral sapeva che sulla cima di Nivix il risonatore si stava aprendo, con le bobine di mizzium che roteavano all’interno delle loro cavità, ed i proiettori di cristallo si stavano spostando per allinearsi alle complesse linee dell’incantesimo del Patto delle Gilde. Assomigliava ad un ragno che stava compiendo un qualche tipo di elaborato esercizio per distendere le sue zampe. Nei sotterranei, i generatori stavano ruggendo, erogando energia attraverso cavi spessi quando un braccio che percorrevano l’intero edificio.

 

Gullifen barcollò nella stanza, affannata, e si diresse alla propria stazione. Un secondo dopo, disse ad alta voce “Numero 2, numero 5, numero 7 tutti alimentati e pronti!”

 

“Controlla gli altri” le gridò Ral in risposta. “Attivazione del numero 2.”

 

Spostò verso l’alto un altro interruttore, ed una seconda sezione della sala di controllo prese vita, con i quadranti che vibravano selvaggiamente e i cristalli che tremavano. Per un secondo, Ral trattenne il respiro.

 

Nella prima parte della stanza, di fronte alle plance di controllo, si trovava un tavolo con una mappa del Decimo Distretto. Su di essa erano segnati i nodi con delle piccole luci colorate, tutte spente tranne per la potente luminescenza bianca che rappresentava Nivix. Mentre Ral osservava, una seconda luce crebbe di intensità e si accese, dopodiché un ponte d’elettricità apparve improvvisamente tra di esse, creando energia luminosa e crepitante.


Saetta del Faro | Titus Lunter
Saetta del Faro | Titus Lunter

“Numero 2 attivo!” gridò un tecnico. “Allineato e in ricezione. Interferenza inferiore a zero punto tre!”

 

“Pressione del refrigerante in aumento!” disse uno dei vedalken, stranamente allarmato. “Si sta accumulando nelle pompe di deflusso.”

 

“Sapevo che sarebbe stato un problema” disse Gullifen. “Se sospendiamo, possiamo trovare qualcuno che-”

 

“Convogliatelo” sbottò Ral. “C’è un sacco d’acqua nei serbatoi.”

 

“Convoglio in corso!” Un attimo dopo, si udì un ululato disumano, che arrivò fino a dieci piani più in alto, man mano che il flusso fuoriusciva da una decina di punti di Nivix nelle strade che circondavano l’edificio. I pennacchi di vapore erano sempre più alti, fino a inghiottire Nivix all’interno di una nuvola bianca, illuminata dall’interno grazie all’intermittente energia di svariati colori.

 

Il nodo numero 2 era in territorio Azorius, vicino al Nuovo Prahv. Una singola linea di luce brillante lo connetteva al risonatore in cima alla torre Izzet. Nelle profondità della sua mente, Ral percepì lo spostamento del Patto delle Gilde: titaniche energie magiche che si stavano riallineando in risposta alla pressione del macchinario. Ogni mago di Ravnica l’avrebbe percepito, anche se solamente una manciata avrebbero compreso ciò che presagiva. Stanotte cambieremo il mondo.

 

“Attivazione del numero 5 e del numero 7” disse Ral, attivando gli interruttori. “Controllate il consumo di energia e fatemi un rapporto sul resto.”

 

“L’energia è alta, ma stabile” disse uno dei goblin. “Fintanto che gli accoppiatori tengono, i generatori ce la faranno.”

 

“Numero 3 e numero 4 sono pronti!” disse Gullifen. “Controllo numero 6 e numero 8.”

 

Ral si accigliò. Il numero 8 era il nodo nella Città Sepolta, in territorio Golgari. Se qualcosa fosse andato per il verso sbagliato, sicuramente sarebbe stato lì, dove avevano avuto meno tempo per prepararsi. Se Vraska tentasse un attacco ora…

 

Ral. La voce di Niv-Mizzet riecheggiò nella mente di Ral, anche se non riusciva a vedere dove fosse il drago.

 

Capogilda, gli rispose Ral, col pensiero. Mi scuso per il tardo avviso. Mi è giunta notizia che Bolas pianifica la sua incursione stanotte.

 

Hai agito correttamente, disse il Mentefiamma. Io sono in posizione nel Nido. Quando la macchina modificherà il Patto delle Gilde, sarò pronto.

 

Ci siamo quasi, promise Ral.

 

Qualcosa fece bang.

 

Le cose esplodevano di continuo a Nivix, ma questa era una grossa, anche secondo gli standard Izzet. La stanza tremò. Ral osservò i quadranti e vide metà di essi abbassarsi e l’altra metà alzarsi verso la zona rossa.

 

“Una conduttura è esplosa!” gridò un tecnico. “L’energia sta calando. Non riusciamo a tenere il nodo attivo!”

 

“Deviate l’energia” sbottò Ral.

 

“Le altre condutture non ce la faranno! Se ci proviamo, perderemo l’intera matrice.”

 

“Fatele esplodere una per una, se serve a non perdere il nodo” ringhiò Ral. “Abbiamo solo una possibilità, mi capite?”

 

“Aspettate!” disse Gullifen. “Posso gestirla io. Il guasto è giù al secondo piano, quindi possiamo inviare energia attraverso i sistemi dei laboratori.”

 

“Fallo” disse Ral. “E sbrigati. Io attivo il resto dei nodi.”

 

“Tutte le stazioni sono pronte!” disse Gullifen, poi sfrecciò fuori dalla stanza con un paio di altri goblin al seguito.

 

Ral passò la mano su tutta la fila di interruttori, attivandoli uno dopo l’altro. Più giù, tutti i cristalli stavano brillando. I tecnici gridavano tra loro, senza quasi più guardare Ral.

 

“Numero 8 attivo!”

 

“Numero 6 sta arrivando!”

 

“Attenti alla risonanza-”

 

“L’interferenza è aumentata a zero punto nove!”

 

Sulla mappa, delle linee luminose si stavano diramando da Nivix, e il ragno sul tetto stava allungando le sue zampe brucianti per tutta la città. Ral le osservava illuminarsi sempre di più con un occhio, mentre l’altro stava osservando i quadranti che indicavano il livello di energia del nodo centrale, che stava ancora calando.

 

“Pronti a deviare” disse lui ai tecnici. “Se Gullifen non ci riesce-”

 

“Le condutture guaste stanno tornando!” disse un altro tecnico. “Le ha collegate sopra la breccia.”

 

“Assicuratevi che questa volta resista” disse Ral.

 

“In distribuzione.”

 

Ci fu un lungo attimo, non di silenzio, dato che la stanza rimbombava di ronzii, ticchettii, crepitii e sibili di vapore, ma di fiato sospeso collettivo. Sulla mappa, sette linee tremanti connettevano Nivix agli altri risonatori. Nella mente di Ral, il Patto delle Gilde stava lamentandosi, visto che le sue linee di potere erano ad un passo dal punto di rottura grazie alle forze titaniche che avevano liberato.

 

“Ci siamo” disse qualcuno. “La rete è completamente attiva. Tutti i collegamenti sono stabili.”

 

“Interferenza calata a zero punto sei.”

 

“Tutte le stazioni sono stabili!”

 

Capogilda, disse Ral nella sua mente. Siamo pronti.

 

E anch’io lo sono, rispose il Mentefiamma. Procedi.

 

Ral avvicinò la mano al grosso interruttore.



Lavinia correva rumorosamente nello stretto vicolo, pestando delle disgustose pozzanghere con i suoi stivali consunti.

 

Sopra di lei, nel cielo, delle luci continuavano a brillare e spostarsi. Nivix, incombente all’orizzonte, era circondato da una possente nuvola di vapore. Degli archi di energia simili a titanici fulmini che si allungavano per chilometri sfarfallavano tra quel luogo e altri luoghi del Decimo Distretto. I tuoni risuonavano ed esplodevano in continuazione sotto una spessa copertura di nubi scure.


Tempesta Millenaria | Dimitar Marinski
Tempesta Millenaria | Dimitar Marinski

I normali cittadini di Ravnica, i senza gilda ed i membri ordinari di ogni gilda si stavano preparando per una terribile nottata, indipendentemente da ciò che sarebbe successo. Non c’era stato modo di avvisarli riguardo a ciò che stava accadendo, non senza allarmare gli agenti di Bolas.

 

Ma stanotte tutto ciò avrà fine. La mano di Lavinia accarezzò l’impugnatura della propria spada. Basta con la furtività.

 

Davanti a lei, la figura nella veste svoltò a sinistra, proprio come lei si aspettava. Si stava dirigendo verso una ben precisa stalla in disuso, un edificio di pietra che utilizzava per i suoi incontri. Lavinia era finalmente riuscita a decifrare abbastanza il suo codice da sapere con certezza dove si sarebbe diretto, e la stalla era già stata occupata dalla polizia Azorius. Altre truppe erano disposte nelle vie attorno, così da evitare la fuga all’agente di Bolas. Dobbiamo sapere ciò che sa lui. Lanciò uno sguardo verso l’alto e vide uno dei totteri di Dovin Baan che la stava osservando: la sua figura era riconoscibile davanti allo spettacolo di luci nel cielo.

 

Lei svoltò, sbirciando attentamente da dietro l’angolo di un edificio in muratura. L’agente di Bolas stava camminando sicuro di sé più avanti, senza degnarsi di controllare se fosse stato seguito. Quando arrivò alla porta alla fine del vicolo, si avvicinò per aprirla, ed una luce cangiante si riflesse sul metallo bulboso. Lavinia aspettò che entrasse, poi lo seguì correndo.

 

Spalancò la porta, coprendosi gli occhi a causa della luce di dozzine di lanterne. All’interno, la stalla era buia. Era uno spazio lungo e vuoto, le cui cabine erano da tempo state abbattute per ricavarne legna da ardere, e l’unico segno della sua antica funzione era un lieve aroma di escrementi. La sua preda era in piedi, da sola, al centro della struttura, con la schiena rivolta verso di lei e le braccia incrociate. Dei rinforzi che le avevano promesso dalla gilda non c’era traccia.

 

Qualcosa decisamente non va. Ma era troppo tardi per ritirarsi. Iniziò ad estrarre la spada dal fodero. Almeno ci sono i totteri. Sapranno cosa sta per accadere.

 

“Sei molto brava” disse l’agente di Bolas. Si voltò, tirando indietro il cappuccio. Era un uomo alto e maturo con dei rasta scuri. “A seguire le persone, intendo.”

 

“Rimani dove sei.”

 

“Sono in arresto?” mostrò un sorriso senza espressione. “Lavinia, ex Azorius. Non credo tu abbia più alcuna autorità per poter arrestare qualcuno.”

 

“Le autorità arriveranno a momenti” disse seriamente Lavinia. “Nel frattempo, ho alcune domande per te.”

 

“Che coraggio.” Lui alzò la sua mano destra. Le sue dita erano artigli d’acciaio, che si allungavano da un contorto arto di metallo. “Credo che ti sia meritata qualche risposta.”

 

“Tu chi sei?”

 

“Il mio nome è Tezzeret. E, come hai giustamente intuito, lavoro per Nicol Bolas.”

 

“Chi sono i tuoi agenti all’interno delle gilde?” Lavinia fece un passo avanti. “A che livello conosci ciò che sta accadendo stanotte? Come hai raggirato Garo, il Maestro della Radura dei Selesnya?”

 

“Così tante domande.” Il sorriso di Tezzeret sparì. “Forse una dimostrazione è d’obbligo.”

 

Fece un gesto con la sua mano artigliata, e delle luci si accesero negli angoli bui delle stalle. Degli esseri iniziarono a risvegliarsi: degli allampanati costrutti a più zampe con gambe aracnoidi e lunghe braccia affilate. Quattro di essi si alzarono, ognuno ben più alto di un uomo, ed avanzarono per accerchiare Lavinia.


Errante di Tezzeret | Zack Stella
Errante di Tezzeret | Zack Stella

 

Di fianco a Tezzeret stava tremolando qualcosa, una vaga forma nell’aria, come fosse nebbia solida. Lavinia non riuscì a vedere molto, ma c’era l’accenno di un volto, e delle corna incurvate.

 

“Il Maestro della Radura Garo, come potrai immaginare, aveva una volontà ferrea” disse Tezzeret. “Quando si parla di qualcuno con la mente debole o in situazioni disperate, il mio… collega può agire in modo diretto. In altri casi, posso fornire un po’ di assistenza.”

 

Mosse leggermente le dita della sua mano metallica, e i costrutti si avvicinarono. Lavinia si irrigidì, estrasse la spada, e roteò su sé stessa, spingendone uno verso la coppia dietro di lei. Se riesco a indietreggiare fino alla porta e farmi inseguire, allora i totteri ci potranno prendere in custodia. Non aveva idea di dove fossero andati i suoi rinforzi, ma dovevano per forza essere vicini.

 

Il costrutto bloccò il suo colpo con due braccia a falce, ed il suo corpo slanciato scivolò all’indietro lungo il pavimento delle stalle a causa della forza dell’attacco di lei. Lavinia roteò lontana da esso, incredibilmente veloce, e tentò di infliggere un colpo ad un’altra delle macchine, colpendo una delle sue giunture sulle zampe. Il metallo cedette, e il costrutto barcollò in modo irregolare. Le bloccava comunque la strada, però, con le sue braccia a falce che si dimenavano selvaggiamente, quindi lei dovette indietreggiare.

 

I due dietro di lei colsero quell’opportunità per assalirla. Il dolore si riversò su di lei quando una sottile lama di falce colpì il suo braccio predominante, bloccandolo sul posto come un insetto inchiodato nella scatoletta di un collezionista. Un’altra lama le bloccò la gamba, e lei cadde su un ginocchio, digrignando i denti per evitare di gridare. Il costrutto rigirò la lama nella ferita, ed il dolore aumentò esponenzialmente. La spada di lei cadde a terra.

 

“Tu… non la farai franca” riuscì a dire Lavinia, fissando Tezzeret. “Gli Azorius ti troveranno.”

 

“Oh, mia cara” disse lui. “Quanto poco comprendi.” Lui diede un’occhiata al suo fianco, verso l’apparizione fluttuante. “Potrei ucciderti, ma mi sembrerebbe uno spreco. Ho sempre creduto nella massima efficienza. Quindi, stai ferma.”

 

Lui rovistò in un borsello ed estrasse un mezzo collare, spigoloso e con delle orribili sporgenze a punta. Lavinia riusciva a percepire le ondate di potere che lo attraversavano, sanguinose e maligne, e provò a trascinarsi via, ma i costrutti la mantennero in posizione con una nuova scarica di dolore. Tezzeret le afferrò il mento con la mano metallica, la cui presa era disumanamente potente, e spinse quell’aggeggio gentilmente contro la gola di lei.

 

“Come dicevo, per chi ha una volontà forte, il processo richiede il mio aiuto.” Tezzeret fece un passo indietro, e l’intangibile figura cangiante si avvicinò. “E, temo, anche una grande quantità di dolore.”

 

Lavinia gridò.



Un fulmine si scagliò come un triste atto finale. Ral lasciò la mano sull’interruttore e si fermò per un momento, percependo l’energia del grande macchinario che stava vibrando attorno a lui.

 

“Attivazione della risonanza primaria” disse lui.

 

L’elettricità crepitò attraverso di lui, strisciando lungo l’interruttore mentre lui lo stava abbassando. Si chiuse con un soddisfacente clack, e improvvisamente l’onnipresente ronzio del macchinario si alzò ad un nuovo picco. Con i suoi sensi magici, Ral percepì il Patto delle Gilde sotto sforzo, le antiche censure di Azor che stavano combattendo quell’intrusione, ma l’energia imbrigliata dalla macchina era titanica, e l’incantesimo iniziò a cedere. Lentamente all’inizio, ma poi, pezzo dopo pezzo-

 

Vicino ai tecnici, qualcosa esplose con un fragoroso boato. Ral udì pezzettini di metallo e cristallo rimbalzare contro le pareti, e sentì un piccolo strappo vicino alla guancia. Seguì un’altra esplosione, poi un’altra ancora. Le luci nella camera si spensero, e nell’oscurità illuminata solamente dal bagliore degli incendi appena provocati e dai monitor degli strumenti, si iniziarono a levare delle grida.

 

Rapporto!” gridò Ral, sovrastando lo sgomento generale. “Cosa diavolo sta succedendo?”

 

Risposero diverse voci balbettanti.

 

“Perdita dell’energia primaria-la scarica ha fatto esplodere i controlli-”

 

“Nessuna comunicazione in entrata-”

 

“Non smette di sanguinare, qualcuno-”

 

Ral. La voce di Niv-Mizzet. Qualcosa è andato storto.

 

Lo so, pensò Ral. Ora lo sistemo.

 

“Gullifen!” sbottò lui. “Fammi sapere qualcosa dagli altri siti. Manda dei corrieri, se necessario. Tox, scendi ai generatori, controlla il livello di output. Bypasseremo il complesso principale-”

 

“Ho bisogno di luce!” Il grido era affannato, disperato.

 

Ral alzò le mani, e l’elettricità si trasferì dalle sue dita alle lampade appese sopra di loro, trasformandole in globi di elettricità vibranti e crepitanti. Grazie a quella luminosità intermittente, riuscì a vedere che una parte del pannello strumentale a otto parti era in mille pezzi. Qualcosa (molte cose) era esploso nella seconda sezione, capovolgendo tavoli e distruggendo gli ingranaggi nei nodi adiacenti.

 

Dannazione, dannazione, dannazione. Solo ripulire avrebbe portato via un sacco di tempo. Se ha danneggiato i nodi esterni… “Gullifen!” gridò Ral.

 

“È qui, signore” disse un goblin più giovane.

 

Qualcosa, nel suo tono, fece zittire Ral. Gullifen giaceva sul pavimento della sua parte di controlli, al centro di una pozza di sangue sempre più grande. Altri due goblin erano seduti vicino a lei, e uno stava premendo un panno contro la sua gola, dove un frammento vagante di metallo l’aveva squarciata completamente. Quell’azione risultava chiaramente inutile: il panno era già zuppo di sangue, e altro ancora continuava a pompare dopo ogni battito cardiaco.

 

Quanto sangue, pensò Ral, non riuscendo a staccare gli occhi da quella scena. Chi avrebbe mai pensato che un corpicino così piccolo potesse contenerne così tanto?

 

Gullifen sbatteva le palpebre, cercava di respirare come un pesce fuor d’acqua, e morì con un sussulto. I due goblin al suo fianco indietreggiarono, e Ral si rese conto che anche tutti gli altri nella stanza stavano guardando. Anche molti degli altri tecnici erano feriti.

 

“Qualcuno mi dica cos’è successo” sbottò Ral, distogliendo gli occhi dalla goblin morta. “Subito.”

 

“Abbiamo avuto un picco attraverso la connessione al nodo numero 2” disse un vedalken. “Ne sono certo. Il collegamento è aumentato d’intensità, ed ha causato l’esplosione dell’accumulatore.”

 

“Un picco inviato dall’esterno?” Ral aggrottò la fronte. “È impossibile. I risonatori sono tutti controllati da qui. Anche se fosse esploso, il collegamento avrebbe dovuto recidersi, non aumentare d’intensità. Controllate nuovamente-”

 

Non è impossibile, brontolò la voce di Niv-Mizzet. Dalle espressioni sorprese sui volti degli altri tecnici, Ral suppose che tutti i presenti l’avessero sentito. Questo non è un fallimento accidentale. Il secondo nodo è in territorio Azorius. Il tono del drago si incupì. Dovin Baan ci ha traditi.


Poteri di Emergenza | Chris Rallis
Poteri di Emergenza | Chris Rallis

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