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La Tempesta Incombente - Capitolo 1

Su Ravnica era autunno, quindi continuava a piovere.

 

Il cielo era grigio per tutto l’orizzonte, ed il sole era solamente un vago chiarore che si intravedeva dietro le nuvole. La pioggia marciava per i viali, ricoprendoli come un’armata conquistatrice, si infiltrava negli stretti vicoletti, faceva vibrare le finestre di vetro colorato dei luoghi di culto, e ticchettava sugli alberi nei giardini. Nelle piazze le fontane straripavano, mentre i tombini gorgogliavano e rigurgitavano detriti. Nel regno sotterraneo dei Golgari, ben al di sotto delle vie della città, le goccioline diventavano flussi d’acqua, che a loro volta diventavano torrenti, man mano che l’acqua si faceva strada verso il basso attraverso strati e strati di antiche architetture, fino a fare ritorno negli oceani sommersi da tempo immemore.

 

Qualsiasi accenno di luce solare della giornata era sparito da tempo quando Ral Zarek girò l’angolo di Strada del Gelo per entrare nel quartiere conosciuto come Sette Spade. Alcuni dei negozi più esclusivi erano illuminati da impassibili luci magiche, ma in quel luogo molti si accontentavano delle più economiche lampade ad olio, che scoppiettavano malsanamente nell’umidità. Gli altri pochi passanti che camminavano per la via si spostavano velocemente a testa bassa, rannicchiati sotto gli ombrelli o stretti all’interno di cappotti fradici.

 

Ral non aveva fretta, e non teneva nemmeno la testa bassa. Camminava con passo regolare, ed il suo lungo cappotto scuro gli sventolava attorno alle caviglie. La pioggia non gli causava alcuna difficoltà: iniziava a deviare lontana da lui ad una distanza di circa un metro e mezzo sopra la sua testa, ricadendo in un cerchio perfetto attorno alla sua figura, abbastanza grande da non inumidirgli nemmeno gli stivali.

 

Dopotutto, pensò lui, con triste compiacimento, cosa conta essere un “mago della pioggia” se poi ti devi bagnare come tutti gli altri?

 

Mentre analizzava i vari ingressi e le vetrine dei negozi, mantenne alta l’attenzione anche nei confronti delle persone attorno a lui. Ciò che lo avrebbe atteso quella sera sarebbe potuta essere una trappola… anzi, era quasi sicuramente una trappola… ma anche se credeva di sapere che tipo di trappola, non si è mai troppo sicuri.

 

Non quando si ha a che fare con Bolas.

 

Fortunatamente, sia per la sua salute mentale che per la loro incolumità, nessuno sembrava interessato a lui. Le Sette Spade non erano un quartiere malfamato, ma nemmeno particolarmente ricco. L’origine del nome, come molte cose di Ravnica, era stata persa nelle nebbie del tempo, ma attualmente era soltanto un piccolo insieme di strade diramate in mezzo a grandi villette a schiera di pietra che avevano visto giorni migliori. Quando la zona era ancora alla moda, quelle case vennero costruite per i ricchi, ma ora erano state divise in piccoli appartamenti, così che una famiglia potesse dormire, mangiare e lavorare all’interno di ciò che in passato era stata la sala da ballo o la dispensa di un qualche aristocratico. Al pianterreno si trovavano ben poche attività commerciali. Erano per lo più taverne, ristoranti e banchi dei pegni, questi ultimi riconoscibili per via delle sbarre alle finestre.

 

All’incrocio di Strada del Gelo con Via Verde si trovava una piccola piazza, con una fontana derelitta riportata ad una qualche forma di vita grazie alla pioggia incessante. Era attorniata da edifici più grandi, quasi tutti in condizioni pessime. Delle panchine in ferro battuto si stavano lentamente dissolvendo in pozzanghere di ruggine, che lasciava delle grandi macchie arancioni sul ciottolato. Ral si voltò, provando a decifrare dei vecchi cartelli, finché non trovò ciò che stava cercando. Sull’angolo, un cartello di legno mangiato dai vermi e coperto da una secca vernice bianca segnava l’ingresso de “Il Sipario d’Argento”. Le porte al di sotto erano state sbarrate molto tempo prima, e successivamente sfondate per aprirle. Oscillavano socchiuse, facendo intravedere il buio all’interno.

 

. Ral fissò l’oscurità, come se avesse potuto farle rivelare i suoi segreti solo grazie alla propria forza di volontà. Suppongo che ci sia solo una cosa da fare.

 

Percepì un irrigidimento dei nervi e la gola che si stringeva leggermente, ma Ral scacciò via immediatamente quelle sensazioni. Al loro posto richiamò la propria rabbia, la furia lenta e focosa che gli aveva dato forza in tutti quegli anni.

 

Come osa contattarmi proprio ora?

 

Le mani di Ral si strinsero in due pugni. Riecheggiò un tuono in lontananza, e Ral poté percepire il fulmine sopra di lui che scattava da una nuvola all’altra, come se i suoi archi fossero tracciati sulla propria pelle. Camminò in avanti, spingendo per bene le porte, e mise piede nell’oscurità.



Nivix, Nido del Mentefiamma | Martina Pilcerova
Nivix, Nido del Mentefiamma | Martina Pilcerova

Nello stesso esatto momento, dall’altra parte del Decimo Distretto, una giovane donna stava infiltrandosi a Nivix.

 

Molte persone avrebbero affermato che un’impresa del genere sarebbe stata, se non tecnicamente impossibile, perlomeno suicida. Nivix, che svettava come una lancia rispetto alle altre guglie più basse dell’orizzonte di Ravnica, era il quartier generale della Lega Izzet. I piani più bassi erano pieni di officine, caserme e laboratori difesi da folli armati di lanciafiamme e da costrutti vigili ed instancabili. Ai piani alti si trovavano gli alloggi di quasi tutti i membri degli Izzet dai ranghi più elevati, dimora di alcuni tra i maghi e gli inventori più pericolosi di tutta Ravnica. E al di sopra di tutto quello si trovava il Nido, la dimora di Niv-Mizzet in persona. Il Mentefiamma, drago antico, parun della gilda e cospiratore senza rivali.

 

L’intrusa era diretta alla cima. Molte persone avrebbero affermato che non fosse completamente sana di mente, e che se lo fosse stata avrebbe concordato con loro. Ma c’era anche qualcos’altro lì dentro insieme a lei, un’altra mente, un essere strisciante a scaglie che osservava attraverso gli occhi di lei e che le aveva soffiato via la volontà con la stessa facilità di spegnere una candela.

 

Attualmente era a bordo di un aliante, un largo aggeggio di legno e tela colorato di grigio scuro, così da mimetizzarsi con il cielo notturno. Alcuni elementali dell’aria addomesticati l’avevano fatta salire di altitudine, ben sopra la punta della guglia di Nivix, ma li aveva congedati prima di avvicinarsi troppo. Niv-Mizzet ed i suoi servitori avevano circondato il nido di incantesimi di difesa, ed una tecnica grezza come il volo magico sarebbe stata rilevata istantaneamente.

 

Tant’è che Ral Zarek, che era il responsabile delle protezioni più interne per il Mentefiamma, aveva fatto un lavoro esemplare. Nascosta all’interno di Nivix si trovava una sala di controllo, presenziata notte e giorno da leali sentinelle Izzet. Qualsiasi tentativo di teletrasportarsi, sfasarsi o comunque oltrepassare magicamente le pareti o le finestre avrebbe fatto scattare gli allarmi. Qualsiasi esercizio di forza bruta, inutile a dirsi, avrebbe prodotto lo stesso risultato. Ral in persona controllava le difese ogni sera, e compiva ispezioni regolarmente per assicurarsi che la manutenzione fosse adeguata.

 

Quella notte, tuttavia, Ral Zarek non si trovava lì.

 

Le sue responsabilità per quella zona erano state affidate al Capitano della Guardia Neero Jax, un innocuo vedalken che aveva scalato i ranghi delle guardie Izzet grazie alla sua inclinazione per obbedire agli ordini e alla mancata manifestazione di qualsivoglia tipo di immaginazione. Come Ral, avrebbe compiuto il suo dovere con attenta perizia. A differenza di Ral, adorava l’opera comica. E la notte precedente, alla messa in scena di Spirogne Va a Caccia, aveva incontrato casualmente una deliziosa giovane donna, e…

 

...Bè, Neero non aveva molti ricordi della serata dopo quell’incontro. Ma la giovane donna, che era la stessa giovane donna legata all’aliante, era una rubapensieri Dimir, quindi i suoi appuntamenti romantici solitamente avevano quell’esito.

 

Ed ora, se tutto era andato per il verso giusto…

 

Grazie alla sua vista migliorata magicamente, le difese di Nivix brillavano di tutti i colori dell’arcobaleno: un nefasto spettro luminoso di trappole e allarmi. Sulla cima della torre, dove un’enorme finestra di vetro ricurvo donava una vista sull’intera città, splendevano in modo particolarmente intenso.

 

Finché, esattamente all’orario prestabilito, si spensero tutte quante.

 

Neero Jax avrebbe dovuto rispondere ad un bel po’ di domande la mattina seguente.

 

L’intrusa inclinò il suo aliante, scendendo verso la torre.



Non era più molto chiaro che tipo di teatro fosse stato in passato Il Sipario d’Argento, visto che negli ultimi anni aveva chiaramente aperto i battenti solamente ad un pubblico di ratti. Ral camminò cautamente per l’atrio, sulle cui rovinate pareti intonacate erano ancora appiccicati pezzi strappati di vecchie locandine, e sbirciò dall’angolo della cabina del bigliettaio. Un altro paio di portoni conducevano all’interno del teatro vero e proprio: una stanza semicircolare con svariate file di sedie di legno marcio sui lati di una corsia centrale. Sul lato opposto si trovava il palco, con il proscenio mezzo distrutto e l’eponimo sipario d’argento a brandelli dietro di esso.

 

Ma Ral era più interessato all’uomo seduto sul bordo del palco. Era un uomo di mezza età, con il volto scavato e segnato, e dei lunghi capelli raccolti con dei rasta sfilacciati. Sotto la sua ampia tunica, buona parte del suo petto era stato sostituito da un metallo liscio e flessibile, ed il suo braccio destro era una gabbia deforme di rinforzi metallici che terminava con delle dita simili ad artigli. Alzò lo sguardo all’entrata di Ral, manifestando un breve sorriso senza la minima traccia di umorismo.


Tezzeret, Maestro Artefice | Josh Hass
Tezzeret, Maestro Artefice | Josh Hass

“Tezzeret” disse Ral. Lo aveva sospettato, dal messaggio che aveva ricevuto. “Vedo che continui a fare le commissioni per la vecchia lucertola.”

 

“Ral Zarek” sbadigliò Tezzeret, con finta indifferenza. “Vedo che continui a perdere tempo su questo mondo di seconda categoria.”

 

L’antica furia sussultò nel petto di Ral. Le sue mani si strinsero, ma mantenne un tono disinvolto.

 

“Pensavo di essere stato chiaro l’ultima volta: noi due non abbiamo più nulla da dirci.”

 

“Tu potresti non aver più nulla da dire” disse Tezzeret. “Ma, per ragioni che mi sfuggono, lui ha deciso di farti un’offerta. Un’ultima offerta.”

 

“Il tuo padrone me l’ha già ribadito una volta” disse Ral. Le labbra di Tezzeret si contrassero, e Ral seppe di averlo colto nel vivo. L’orgoglioso Planeswalker detestava che gli venisse ricordata la propria subordinazione. “Dovresti riferirgli che le sue minacce risultano meno impressionanti quando non riesce ad andare fino in fondo.”

 

“Come ho già detto, non conosco i motivi della sua offerta di pietà, so soltanto che difficilmente potrà durare a lungo.” Tezzeret scese dal palco. “Hai un debito con lui, Zarek. Puoi saldarlo e goderti i benefici di tale servizio.” Inclinò la testa, ed un’energia cremisi si diffuse nel suo braccio metallico. “Oppure puoi continuare con la tua ostinazione, e bruciare insieme a tutti gli altri.”

 

“Allettante.” Ral sorrise leggermente. “Ma ho già un drago arrogante da gestire. Preferirei non sostituirlo con un altro.”

 

“Me lo aspettavo.” Tezzeret scrollò le spalle. “In tal caso…”

 

La sua andatura lenta e disinvolta sparì. Tezzeret menò un fendente con il suo braccio di metallo, lanciando uno spruzzo di acciaio incandescente verso Ral. Ral, a sua volta, fu ugualmente rapido a reagire. Il potere gli permeò il braccio, fino a raggiungere i nodi di mizzium del suo bracciale. Venne rilasciato uno scudo crepitante di energia elettrica che rispedì i proiettili in tutte le direzioni, prima di cambiare traiettoria per ricongiungersi alla loro fonte.

 

Tezzeret era già saltato sul palco. Di fianco a lui, qualcosa stava emergendo dalla polvere: un costrutto dai lunghi arti simile a un ragno con un singolo occhio lucente posizionato su uno stelo flessibile. Altri due di quegli esseri si scossero di dosso alcuni detriti da un angolo del teatro, e Ral poteva udirne almeno un altro dietro di lui, a bloccare l’uscita.


Evocazioni Metallurgiche | Kieran Yanner
Evocazioni Metallurgiche | Kieran Yanner

“Bel trucchetto” disse lui, per poi guardare verso il soffitto. “Ma per quanto tempo un mago della tempesta potrà resistere lontano dalla tempesta?” Tezzeret ghignò di nuovo. “Suppongo che lo scopriremo.”

 

Si accucciò per uscire dalla visuale, dietro le quinte del palco, quando i costrutti caricarono. Ral girò su sé stesso, e la macchina che lo stava avvicinando da dietro si schiantò contro il suo scudo in un’esplosione di scintille. Lui fece scattare il suo altro braccio, lanciando una breve scarica di fulmini che crepitò attraverso il costrutto e lo fece barcollare irregolarmente all’indietro fino a farlo schiantare contro un muro. Prima che potesse terminarlo definitivamente, gli altri si stavano già avventando su di lui, e Ral dovette abbassarsi da un lato quando un costrutto ticchettante e sibilante tentò di colpirlo con i suoi arti anteriori simili a falci. Lui si allontanò, fino ad appoggiarsi con la schiena ad una parete, e allargò le braccia.

 

Per un mago della tempesta era effettivamente un problema vedersi privato del cielo. La quantità di energia che Ral poteva immagazzinare nel proprio corpo era limitata, ed il processo era molto stancante. Ma è proprio questa la particolarità degli Izzet. Noi i problemi li risolviamo.

 

Fortunatamente, era giunto in quel luogo aspettandosi una trappola. Sulla schiena, in una sporgenza che si intravedeva al di sotto del suo impermeabile, si trovava l’Accumulatore Elettrostatico Mizzium-Ionico, Versione IV, l’ultimissima creazione del Laboratorio delle Tempeste e dell’Elettricità. Era completamente carico, con i suoi anelli di mizzium che ruotavano rapidamente all’interno dei loro scomparti di cristallo. Dei lunghi tubi lo collegavano ai bracciali che indossava, all’interno dei quali alcuni nodi di uscita facilitavano l’incanalamento e la modulazione dell’energia.

 

L’inventrice originale voleva che il suo dispositivo producesse innocuo intrattenimento alle feste per bambini. Dopo il terzo pagliaccio abbrustolito, Ral era subentrato nel progetto per i propri scopi.

 

L’elettricità crepitava lungo il suo braccio destro, formando un arco di plasma incandescente a forma di mezzaluna. Quando il costrutto si avvicinò, Ral fece un passo laterale e rilasciò il plasma con un tuono. L’acciaio rinforzato si divise come argilla bagnata, ed il costrutto morì con uno stridio di ingranaggi bloccati. Uno dei suoi compagni si arrampicò sul suo cadavere, sferrando un attacco con le sue lame, ma Ral si abbassò e gli tagliò le gambe di netto con un’altra scarica, lasciandolo dimenare disperatamente.


Saetta di Precisione | Grzegorz Rutkowski
Saetta di Precisione | Grzegorz Rutkowski

Il costrutto che aveva notato precedentemente nell’atrio in quel momento si era unito ai suoi compagni rimasti, e si prepararono ad attaccarlo tutti insieme, spalla meccanica contro spalla meccanica. Ral fece sparire il proprio scudo con una vampata di scintille ed alzò entrambe le mani. Ogni pelo del suo corpo si stava rizzando mentre l’energia dell’accumulatore scorreva attraverso di lui, crepitando leggermente sulle punte delle sue dita prima di esplodere in un doppio colpo di fulmine. Il tuono scosse Il Sipario d’Argento, smuovendo altro intonaco dalle pareti. I due costrutti si agitarono come insetti morenti, investiti da quell’enorme scarica, per poi accasciarsi non appena Ral abbassò le braccia, con le loro delicate componenti interne fuse in altrettante scorie.

 

Lanciò uno sguardo irritato dietro di sé, verso il palco, ma non c’era alcun segno di Tezzeret. Se mi voleva morto, non si sta impegnando abbastanza. La preoccupazione di Ral aumentò. Tezzeret poteva essere arrogante, ma non era stupido. E ciò significa che non mi vuole morto. E Bolas doveva sapere che avrei rifiutato la sua offerta. Quindi, perché convocarmi qui?

 

Un diversivo. E ciò voleva dire che lui si trovava esattamente nel posto sbagliato.

 

Delle fiamme stavano iniziando a lambire le pareti del vecchio teatro, causate dai cadaveri di metallo super-riscaldato dei costrutti. Ral stava già fuggendo attraversando l’atrio e ritrovandosi sotto la pioggia, con il cappotto che sventolava dietro di lui.



L’intrusa urtò Nivix su un lato, lasciando andare il suo aliante, che sfrecciò via col vento per schiantarsi infine da qualche parte nella città sottostante. Quella mossa lasciò la giovane donna senza una via di fuga, ma alla cosa nella sua mente non interessava. Essendo lei stessa una maga mentale, riconosceva l’opera di un maestro nella presenza che la stava controllando. Da qualche parte nelle profondità del proprio inconscio lei stava urlando, ma il suo corpo si arrampicava placidamente sulla pietra ciottolata dell’esterno della torre finché non raggiunse la grande finestra: un immenso cerchio con molti pannelli, come l’occhio di un insetto.

 

Aprì un borsellino attaccato alla cintura, tenendosi aggrappata alla torre senza sforzo con una mano, ed estrasse un piccolo dispositivo di metallo con una ventosa. L’aveva acquistato da un artefice Izzet al mercato nero… decisamente ironico. Quando si fissò contro uno dei pannelli della finestra, lei ne toccò un’estremità. Quel piccolo aggeggio produsse un gemito ad alta frequenza che le diede fastidio ai denti, dopodiché il vetro della finestra si sciolse, fluendo come acqua, ancora freddo. Scivolò giù per la facciata, cessando di essere un ostacolo, e l’intrusa sgusciò facilmente nel rifugio interno di Niv-Mizzet.

 

A quel punto sarebbero dovuti scattare una mezza dozzina di allarmi, e invece c’era silenzio. Il Nido era un’unica stanza enorme, delle giuste dimensioni per un drago antico. Alla finestra erano posizionati una moltitudine di telescopi ed altri strumenti ottici, puntati verso il cielo o in alcuni punti della città. C’erano libri ovunque, accumulati in alcuni punti o impilati su delle mensole in tali quantità da rischiare di crollare. Probabilmente il prodigioso intelletto del Mentefiamma riusciva a trovare una logica in quella confusione.

 

Sorprendentemente, c’erano pochissimi macchinari per i quali erano rinomati gli Izzet: nessuna vasca per l’acciaio fuso, nessun cesto di pezzi di ricambio, né congegni sputa-vapore. Niv-Mizzet andava oltre quei marchingegni, e sperimentava nel mondo del pensiero e della magia pura. Ma anche i draghi antichi avevano bisogno di dormire di tanto in tanto, e il parun degli Izzet era attualmente rannicchiato come un gatto in un angolo del suo laboratorio dalle mura di pietra; la punta della sua coda serpentina si muoveva pigramente sotto al suo naso. Il suono del suo respiro era forte quanto le grida di un fabbro.

 

Anche senza le sue difese esterne, Niv-Mizzet non era affatto inerme. Il pavimento del suo rifugio era coperto di trappole arcane, visibili alla vista potenziata dell’intrusa sotto forma di linee energetiche blu-bianche che si incrociavano sulla pavimentazione, insieme a delle colonne di rune in movimento. Un ladro o un assassino normali avrebbero trovato una barriera impenetrabile a quel punto, ma la presenza nella mente dell’intrusa sapeva che nessuna difesa è veramente inespugnabile. Si fermò qualche momento a fare dei calcoli, poi mosse la sua ospitante in avanti, facendola camminare con sicurezza attraverso le barriere.

 

L’intrusa camminò, aspettò una frazione di secondo, si girò, fece un passo laterale, scattò in avanti, poi fece nuovamente una pausa. La magia pulsava e brillava in quella rete di difese, alla ricerca di calore, di movimento, di una scintilla di vita. La giovane donna trattenne il respiro per così tanto tempo da annebbiarle la vista periferica mentre si spostava all’indietro, di fronte ad una libreria, poi riposò per un momento prima di eseguire una ruota e camminare sulle mani attraverso una sezione di rune fortemente intrecciate tra loro.

 

Non male, pensò la presenza. Ma non è abbastanza.

 

Non molto tempo dopo, la sua ospitante era in piedi di fianco al drago dormiente ad allungare cautamente una delle sue mani dai guanti neri verso uno dei scuri e lunghi corni di Niv-Mizzet. La presenza attinse al potere della giovane donna, inviando la sua subdola magia verso il Mentefiamma. Perfino in quel luogo, nel pieno centro del suo potere, Niv-Mizzet era paranoico. Da quando Jace Beleren aveva raggiunto i suoi pensieri, prima di diventare il Patto delle Gilde Vivente, Niv-Mizzet iniziò a difendere in modo più minuzioso la propria mente. Anche con la guida della presenza intrusiva, nessun mago mentale avrebbe potuto estrarre anche un solo segreto dal drago, non senza che se ne accorgesse.

 

Ma aggiungere un segreto… oh, sì.

 

L’intrusa si toccò la tempia, e quando allontanò le dita, un brillante filo di pensieri blu penzolava da esse, fragile come un filo di ragnatela. Lei abbassò la mano, facendo sfregare il filo contro la pelle a scaglie del drago. Poi cadde dalle dita e sprofondò nella testa di Niv-Mizzet, unendosi ai suoi pensieri. Solo una piccolissima aggiunta, alla fin fine.


Mai Successo | Aaron Miller
Mai Successo | Aaron Miller

Compiuta la sua missione, l’intrusa si voltò. L’anello più interno delle trappole magiche era esattamente di fronte a lei, e la presenza nella sua mente identificò quello che faceva al caso proprio, costringendola a camminare in avanti.

 

No! La maga mentale Dimir cercò di resistere. Hai fatto ciò che volevi. Almeno fammi provare ad andarmene di qui!

 

Mi dispiace, mia cara. La presenza rafforzò ulteriormente la presa sulla sua mente. La tua parte non è ancora conclusa.

 

La presenza estrasse degli artigli mentali e la giovane donna, nelle profondità della propria mente, gridò di nuovo. Stava scorticando i suoi ricordi, contorcendoli, spostandoli e distruggendoli. Stava modellando ciò che desiderava.

 

Quando la presenza fu soddisfatta, la costrinse a fare un altro passetto. Il suo piede si appoggiò esattamente al centro di una trappola di stasi, ed un’energia blu-bianca si trasmutò in una sfera perfetta attorno a lei, bloccandola sul posto come se fosse stata ricoperta di ghiaccio. Contemporaneamente, l’incantesimo fece scattare un allarme, sia a Niv-Mizzet che alle sventurate guardie presenti nella sala di controllo.

 

Dietro all’intrusa, il drago aprì un occhio.

 

Perfetto, pensò la presenza. Dopodiché svanì, lasciando la sua ospitante intrappolata come una mosca nella tela del ragno.



Che fosse accaduto qualcosa divenne ovvio nel momento in cui Ral tornò a Nivix, senza più fiato a causa della sua corsa attraverso il distretto, e completamente bagnato. Era stato troppo occupato ad evitare il traffico nei quartieri più affollati, quindi non aveva potuto sfruttare il suo incantesimo anti-pioggia. Anche a quell’ora tarda, il Decimo Distretto brulicava di persone, con le strade piene di carri ed animali da soma mentre i pedoni si riversavano fuori dalle taverne e dai teatri. Attorno a Nivix, però, le guardie Izzet erano in forze, e avevano circondato la zona della torre. Uno squadrone di bruciatori viashino era di pattuglia: degli umanoidi draconici vestiti di armature lucenti che trasportavano dei bassi lanciafiamme completi di torce luminose.

 

Ral evitò gli ingressi principali, dirigendosi verso un’entrata laterale più sicura. Due guardie ignare dell’accaduto lo riconobbero e lo lasciarono passare, e lui le oltrepassò, bagnando il rovinato pavimento di cemento con la pioggia che gocciolava dal suo cappotto. Il Nivix era un labirinto, ma un labirinto in cui lui aveva lavorato per decenni, e non gli ci volle molto tempo per arrivare alla sala di controllo del secondo piano. Lì c’erano più guardie, e attraverso le porte aperte riuscì a vedere un paio di chimimaghi insieme ad un’orda di assistenti che stavano dissezionando gli incantesimi e i macchinari. Prima di poter entrare per prendere il comando dell’operazione, una donna goblin con l’uniforme da capitano delle guardie si mise sul suo cammino.

 

“Mastro Zarek” disse lei. “Ah… sono così contenta che siate tornato. C’è stato un incidente.”

 

“Che tipo di incidente?” ringhiò Ral.

 

“Non… ne siamo sicuri, signore. È successo qualcosa nel Nido. Il capogilda non è stato… collaborativo. La Ciambellana Mareey ha ordinato l’isolamento della torre come precauzione, e noi stiamo controllando lo stato di tutte le difese.”

 

Mareey. Ovvio che sarebbe stata quella goblin presuntuosa a prendere il comando. Mi occuperò di lei più tardi. “Voglio un rapporto su tutto ciò che riuscite a trovare” disse Ral. “Nel frattempo…”

 

“Nel frattempo, signore” lo interruppe la capitana, “il capogilda ha richiesto la vostra presenza. Immediatamente.”

 

“Ah.” Ral si fermò per un momento, aggiustandosi il cappotto. “Allora mandate i rapporti al mio ufficio. Io sarò nel Nido.”

 

La capitana annuì e se ne andò velocemente, palesemente sollevata dall’assenza di Ral. Lui si allontanò dai chimimaghi che stavano discutendo e camminò verso l’ascensore, un po’ più lentamente del solito.

 

Nonostante fosse grato di non dover salire tutte le scale per arrivare fino al trespolo di Niv-Mizzet, era difficile non provare un certo nervosismo all’entrata dell’ascensore di Nivix. Era stato progettato da Bogo Fischiosevero per lanciare rocce ad alta velocità verso le nuvole, e poi riconvertito al trasporto delle persone su e giù per l’edificio quando l’inventore goblin non riuscì a farlo operare alla velocità che sperava. Quel giorno, però, Ral era perso nei propri pensieri, e prestò poca attenzione al sobbalzo che produsse quella catapulta/ascensore nel momento in cui partì verso l’alto.

 

Un incidente nel Nido? Qualcuno ha provato ad attaccare il capogilda in persona? Era un’impresa da folli, ma Niv-Mizzet era già stato preso di mira da degli assassini in passato. Un tarlo di paura si insinuò nella mente di Ral. Lui non era presente a Nivix, e la cosa avrebbe potuto far ricadere dei sospetti su di lui. Aveva servito Niv-Mizzet lealmente per decenni, ma il drago era notoriamente volubile quando si parlava dei suoi sottoposti. Per un fuggevole secondo, desiderò essersi fermato a caricare il suo accumulatore. Non che abbia molta importanza.

 

L’ascensore raggiunse l’ultimo piano con un armonioso ding. Ral uscì, dando una veloce occhiata al Nido. Non sembrava mancare nulla, ad un primo sguardo. Dalla grande finestra mancava uno dei pannelli, ma non c’erano altri segni di distruzione che si sarebbe aspettato nel caso in cui Niv-Mizzet avesse combattuto contro un assalitore. Quindi non era un assassino. Cosa può essere successo?

 

Il drago in persona era curvo verso l’angolo opposto della stanza, intento con qualcosa che Ral non riusciva a vedere. Come sempre, Ral rimaneva affascinato da come Niv-Mizzet si muovesse in modo tanto leggero ed aggraziato, considerata la sua stazza. Le sue lunghe ali frangiate blu erano ripiegate contro il dorso, e le membrane spinate attorno alla sua testa erano contratte, segno del fatto che fosse agitato. Quando si voltò verso Ral, con il lungo collo incurvato per mettersi faccia a faccia con il Planeswalker, le sue enormi zampe non fecero quasi rumore sulla pietra, come se fosse un enorme felino.


Niv-Mizzet, il Parun | Svetlin Velinov
Niv-Mizzet, il Parun | Svetlin Velinov

“Ral.” Il drago parlò con un leggero sussurro, ma le sue parole riecheggiarono simultaneamente nella mente di Ral con un profondo basso stentoreo. Lui fece un altro passo in avanti, con gli enormi occhi socchiusi. “Sei stato gentile ad unirti a noi.”

 

“Le mie scuse, Capogilda.” Ral eseguì un mezzo inchino, con l’accumulatore che si spostò leggermente sulla sua schiena. I suoi lunghi capelli brizzolati per una volta non erano dritti, quindi ricadevano tristemente sulla sua guancia. “Sono stato chiamato altrove per un affare urgente.”

 

“Che tipo di affare urgente?” sbottò il drago.

 

Ral sbatté le palpebre dalla sorpresa. Si aspettava che Niv-Mizzet fosse concentrato su ciò che era successo in quel luogo: il drago era assolutamente egocentrico. La sua mente elaborò. “Stavo indagando su una potenziale minaccia.”

 

“Ral.” Niv-Mizzet fece un altro passo per avvicinarsi, e Ral sentì l’aria calda del suo respiro. “Il tempo delle menzogne è terminato.”

 

Dannazione. Ral era riuscito a mantenere i propri segreti con il capogilda in tutti quegli anni grazie alla sua parlantina. Innanzitutto, l’esistenza dei Planeswalker, e il fatto che Ral fosse uno di loro, senza contare il vero scopo del Progetto dei Fulmini Rivelatori…

 

“Lascia che ti aiuti.” Per qualche motivo, c’era un briciolo di divertimento nella voce del drago. “Ti sei incontrato con un agente di Nicol Bolas.”

 

“Io…” Ral si bloccò. Lui lo sa. Ma quanto sa, veramente? “Capogilda…”

 

“Ah, Ral. Tu sei veramente molto intelligente.” L’enorme testa di Niv-Mizzet si avvicinò velocemente, con le fauci leggermente aperte. “Per essere un umano. Dimmi, lo sai da quanto tempo sono capogilda degli Izzet?”

 

“Fin dall’inizio” rispose Ral. “Voi siete il parun. Almeno diecimila anni.”

 

“Diecimila anni” concordò il drago. “Riesci ad immaginare un tale lasso di tempo? Diecimila anni ad osservare questa città ed il suo popolo. Diecimila anni a contemplare la natura dell’universo. Eppure tu presumi che io sia all’oscuro dei tuoi piccoli segreti.” La voce mentale di Niv-Mizzet si alzò in un ruggito. “Pensi che mi chiamino il Mentefiamma per niente?

 

Ral fece un involontario passo all’indietro, inchinandosi automaticamente. “No, Capogilda. Certo che no.” Esitò, poi alzò lo sguardo con cautela. “Da quanto lo sapevate?”

 

“Che tu sei un Planeswalker? Dalla prima volta che venisti qui. I segni non sono difficili da leggere, una volta a conoscenza della verità.”

 

“Allora perché avete fatto finta di nulla?”

 

Niv-Mizzet produsse una risatina aspirata. “In diecimila anni, non ho trovato tattica più efficace di conoscere più cose di quanto si dia a vedere. Non avevo motivo di interrompere il tuo giochetto. Fino ad ora.” Scosse le ali. “Chi hai incontrato?”

 

“Tezzeret” disse Ral, decidendo rapidamente che l’onestà ora era l’unica via d’uscita. “Ha provato a convincermi di diventare servitore di Bolas, dopodiché ha provato ad uccidermi in seguito al mio rifiuto.” Fece una pausa, poi aggiunse: “Credo che la sua intenzione fosse quella di accertarsi che io non fossi alla torre.”

 

“I piani che hanno più di uno scopo sono il tratto distintivo di Bolas.” Niv-Mizzet alzò un artiglio, ed una sfera di energia blu-bianca fluttuò in alto da dietro le sue spalle. All’interno si trovava una giovane donna vestita completamente di nero, immobile e con gli occhi pieni di terrore. “Mentri eri via, abbiamo avuto un’ospite. Una delle creature di Lazav.”

 

“Lazav.” Ral fece una smorfia. “I Dimir stanno collaborando con Bolas?”

 

“Così sembrerebbe. Ho esaminato la sua mente.” Il drago si voltò per osservare la spia, poi la fece fluttuare via con un altro gesto noncurante. “È stata inviata per estrarre certe informazioni dalla mia testa. Bolas è a conoscenza del mio piano, anche se a grandi linee.”

 

“Tezzeret ha fatto intendere che Bolas sta per arrivare qui, su Ravnica.” La testa di Ral stava ancora dando i numeri all’idea che Niv-Mizzet fosse a conoscenza di tutto quanto. “Ovviamente, potrebbe essere una menzogna.”

 

“Lui sta arrivando. Per cosa credi che stia preparando l’Interlocus?”

 

Ral trattenne il respiro. L’Interlocus era il misterioso progetto personale di Niv-Mizzet, che negli ultimi mesi gli aveva fatto consumare tantissimo tempo e attenzione, per non parlare delle risorse della gilda. Aveva delegato sempre più funzioni quotidiane della gilda a Ral. L’aveva sempre irritato il fatto che, per quanto Niv-Mizzet sembrasse fidarsi di lui, non gli era mai stato spiegato lo scopo del suo progetto.

 

“Bolas sta arrivando” ripeté il drago. “Ho udito delle testimonianze della distruzione che ha portato su altri piani, e io non lascerò che accada anche qui. Lui arriverà a Ravnica, ed io lo ucciderò.”

 

“Nicol Bolas è… “ Ral esitò di nuovo. “Molto potente, Capogilda.”

 

“La tua fiducia è commovente” disse ironicamente Niv-Mizzet. “Ti assicuro che sarò preparato al suo arrivo. Ma c’è un problema che richiede la tua attenzione.”

 

“Un problema?”

 

“Il Patto delle Gilde.” Niv-Mizzet si sedette sulle sue zampe posteriori con uno sbadiglio. “Per sconfiggere Bolas, devo diventare più forte. Molto più forte. Ed il Patto delle Gilde non lo permetterebbe. Fu creato per evitare che una gilda diventi molto più potente delle altre, dopotutto. Per preservare l’equilibrio.” Il drago sembrò irritarsi. “Azor creò la posizione di Patto delle Gilde Vivente proprio per affrontare questo tipo di minaccia.”

 

“Beleren?” disse Ral. “Ma lui-”

 

“Se n’è andato. E nessuno sa se e quando ritornerà. Senza di lui siamo in trappola.” La voce di Niv-Mizzet divenne un rantolo. “Azor non aveva previsto che un Planeswalker potesse ottenere quella posizione. Sarebbe stato meglio che fosse rimasta sotto il nostro controllo.”

 

Ral deglutì nervosamente. Era stato coinvolto in quella sconfitta, sostituendosi allo sfidante artificiale progettato appositamente da Niv-Mizzet per gareggiare nel Labirinto Implicito. Non aveva pensato che al drago importasse così tanto, ma a quel punto non voleva più dare per scontato nulla.

 

“Esiste un’ultima soluzione alternativa” continuò Niv-Mizzet. “Il Patto delle Gilde può essere modificato.”

 

“Modificato? È possibile farlo?”

 

“Con un accordo tra tutti e dieci i capigilda.” Un’altra risatina fredda. “Puoi capire come mai non sia mai stato fatto.”

 

Era certamente difficile immaginare di mettere d’accordo su qualsiasi cosa tutte e dieci le gilde in lotta di Ravnica, figuriamoci per cambiare la base delle leggi che regolamentano la loro competizione. “Quindi, cosa volete che faccia?”

 

“Stipulare questo accordo, ovviamente.”

 

“Ma è…” Ral scosse la testa. “Non penso sia possibile, Capogilda.”

 

“È questo il compito che ti ho assegnato” sbottò Niv-Mizzet. “Lo porterai a termine al meglio delle tue capacità, o troverò qualcun altro che saprà farlo.” Il suo tono di voce si ammorbidì. “Quando l’Interlocus sarà completo, non sarò più il capogilda degli Izzet. Sarò separato dalle gilde, sarò superiore ad esse. La nostra gilda avrà bisogno di un nuovo capogilda, per la prima volta dopo diecimila anni.” Gli occhi del drago si strinsero. “Consideralo una specie di esame di promozione.”

 

“Io…”

 

Ral raddrizzò la schiena. Riprenditi. Niv-Mizzet lo aveva scosso, sicuramente come era nelle intenzioni del drago. Ma ciò che aveva offerto… È ciò che ho sempre voluto fin dall’inizio. Una posizione adeguata ai suoi talenti. Capogilda degli Izzet. Sentì un universo di possibilità aprirsi dinanzi a lui. E tutto ciò che devo fare è convincere dieci nemici mortali a concedere ad un antico drago abbastanza potere da fermarne un altro.

 

Si schiarì la gola.

 

“Ricevuto, Capogilda. Comincerò immediatamente.”

 

“Eccellente.” Niv-Mizzet sembrò onestamente compiaciuto. “Ho alcuni contatti che ti saranno d’aiuto. Riceverai i loro rapporti.”

 

“Grazie” disse Ral. “E per quanto riguarda i Dimir? Se stanno già lavorando per Bolas…”

 

“I Dimir lasciali a me. Se Lazav ha deciso di sua volontà di unirsi a Bolas, allora ci basta sostituirlo. Sono sicuro che almeno uno dei suoi luogotenenti non sarà felice della scelta del suo capogilda.”

 

“Ai vostri ordini.” Ral si inchinò nuovamente. “Con il vostro permesso, io andrei.”

 

“Un’ultima cosa.”

 

Ral si raddrizzò mentre uno spesso rotolo di carta grezza fluttuava verso di lui da uno dei tavoli di lavoro del drago. Lui lo afferrò in aria e lo aprì, imbronciandosi. Quei fogli erano progetti, favolosamente complessi, ma comunque familiari.

 

“Cos’è questo?” disse.

 

“Un piano di riserva” disse Niv-Mizzet. “Un faro interplanare, basato sul progetto del tuo Progetto dei Fulmini Rivelatori.”

 

A ricordare ciò che aveva fatto per mantenere segreto il vero significato di quel progetto al suo capogilda, Ral sussultò. C’era una nota di divertimento nella voce del drago.

 

“Se attivato, renderà Ravnica un punto luminoso alla vista dei Planeswalker che attraversano il Multiverso. Quanti ne verranno attirati non saprei dirlo, ma potrebbero radunarsi in numero sufficiente da riuscire a sconfiggere Bolas, nel caso in cui i miei sforzi risultino insufficienti.”

 

“Richiamare un’orda di Planeswalker dei quali non conosciamo le intenzioni su Ravnica mi sembra… estremo.”

 

“Esatto” disse Niv-Mizzet. “Ma è meglio avere l’alternativa e non averne bisogno piuttosto che il contrario. Fai in modo che venga costruito secondo le mie specifiche.”

 

“Certamente, Capogilda. Assegnerò i migliori chimimaghi al progetto.”

 

“Ora puoi andare.” Niv-Mizzet si rilassò, mettendo la testa tra le sue zampe. “Non vedo l’ora di sentire i rapporti del tuo progresso.”



Nell’ascensore, Ral si prese alcuni momenti per calmare la respirazione.

 

Far accordare le gilde sul cambiamento del Patto delle Gilde. Sembrava ancora una cosa impossibile, ma Ral aveva passato metà della propria vita a fare l’impossibile. Si fa il primo passo, e poi da lì si continua a camminare. Fece un sorrisetto, e si passò le dita tra i capelli, con un crepitio di elettricità che li fece tornare alla solita acconciatura.

 

Riusciva già a vedere quale sarebbe dovuto essere il primo passo. Quando uscì dall’ascensore, inviò dei messaggeri a consegnare alcune lettere sotto sigillo ufficiale di gilda della Lega Izzet verso il Senato Azorius.

 

Dopotutto, come puoi organizzare una riunione impossibile? Sorrise a sé stesso. Inizi con quelli che adorano le riunioni.


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