La Tempesta Incombente - Capitolo 19
- Django Wexler

- 15 ott 2019
- Tempo di lettura: 18 min
La Torre del Faro era all’angolo di un ordinario quartiere residenziale nel quale quasi tutti gli abitanti erano servitori o funzionari che lavoravano al Nuovo Prahv, trovandosi nelle sue vicinanze. In un giorno normale, Ral avrebbe potuto vedere mercanti con cibo e quotidiani in vendita, carri che trasportavano gli abitanti più ricchi, ed una marea di pedoni rannicchiati sotto gli ombrelli per proteggersi dalle piogge autunnali. La torre stessa era stata utilizzata da un centro scrittorio vicino come estensione del proprio magazzino fino al momento in cui la squadra di Ral non si era presa la briga di spostare tutte le loro scatole di carta per sostituirle con cristalli e cavi di mizzium.

Quel giorno, ovviamente, la normalità sembrava una cosa lontana. Mentre Ral raggiungeva il punto d’incontro, ad un isolato di distanza dalla torre, la battaglia tra i draghi era entrata nel suo vivo. Qualsiasi attacco Niv-Mizzet avesse scagliato contro Bolas (una luce talmente potente da far male agli occhi, anche attraverso le palpebre chiuse), aveva alzato un’enorme nube di polvere e detriti, oscurando l’orizzonte in quella direzione. I lampi ed i crepitii della magia facevano capire che il conflitto era ancora in corso.
Per il resto del distretto, tutti sembravano essere vagamente impazziti. La maggior parte dei comuni cittadini era sfrecciata per rinchiudersi negli scantinati, ignari dell’importanza di ciò che stava avvenendo. Altri erano scesi in strada a frotte, pretendendo risposte dagli esponenti delle gilde o scontrandosi con chiunque credessero fosse il nemico. C’erano risse e saccheggi, e più del normale a causa della completa sparizione delle forze Azorius che normalmente sarebbero state inviate contro quel caos nascente.
Vennero inviate delle truppe della Legione Boros per respingere il panico, ma non erano in abbastanza, ed i Gruul stavano peggiorando ulteriormente la situazione. Gruppi di anarchici in carica avevano oltrepassato le zone di macerie, attaccando gli avamposti Boros o superandoli per seminare distruzione all’interno della città. Le altre gilde avevano rafforzato le proprie difese come misura cautelativa, lasciando la città in mano ai gruppi armati, mentre tutti osservavano i draghi in lotta cercando di immaginarsi quali sarebbero state le conseguenze.
Cosa penserebbero se sapessero che è soltanto un diversivo? Il possente Niv-Mizzet, che si lanciava contro Nicol Bolas l’invasore, soltanto per far guadagnare a Ral il tempo necessario per salire qualche piano di un edificio e premere qualche tasto su una macchina incomprensibilmente complessa. Non ci crederei nemmeno io.
Ma Dovin Baan lo aveva ovviamente capito o, almeno, aveva ricevuto istruzioni dettagliate. Ral, in un vicolo che separava un pasticciere da una merceria, sbirciò dietro l’angolo e fece una smorfia. Le truppe Azorius, assenti per tutto il Decimo Distretto, in quel luogo erano in forze. Squadroni di agenti di polizia preparavano barricate improvvisate in tutte le vie che conducevano alla torre, ed erano centinaia, supportati da ussari a cavallo ed una flotta di totteri che fluttuava sopra di loro.

Questa, pensò Ral, non sarà una passeggiata.
All’orizzonte ci fu un lampo di luce, seguito alcuni secondi dopo da una lieve esplosione che terminò in un rombo di tuono. Ral diede un’occhiata alle nuvole sopra di lui ma, per quanto scure e pesanti, non mostravano alcuna inclinazione a dare il loro contributo naturale ai fuochi artificiali di quella tempesta draconica. Si guardò alle spalle, vide che il vicolo era ancora vuoto, quindi tornò infastidito a sorvegliare le difese.
“Ehi” disse Kaya, dietro di lui.
Ral si sforzò molto per contenersi. “Sgattaiolare dietro le persone è maleducazione, normalmente. Ma adesso più che mai è un ottimo modo per farti folgorare.”
“Scusa” disse lei. “Forza dell’abitudine. Ho ricevuto il tuo biglietto.”
“Comunque, è già qualcosa.” Ral si raddrizzò e si voltò. Kaya era vestita con il comodo completo da combattimento che indossava la prima volta che si erano incontrati, senza alcun paramento degli Orzhov, ed i suoi semplici pugnali appesi ai fianchi. “Prova a dare un’occhiata e dimmi cosa ne pensi.”
Lei si sporse brevemente verso la strada, per poi fischiare tra sé e sé. “Sono un sacco di spade. E cosa c’è in quella torre, comunque?”
“Forse la nostra ultima possibilità.” Ral lanciò un’occhiata alla lampeggiante massa ribollente di fumo e nuvole che circondava la battaglia in corso. “Sono aperto a suggerimenti.”
“È qualcosa che possiamo rubare?” disse Kaya. “Penso di poter entrare nella torre attraverso gli edifici dietro di essa.”
“Sfortunatamente, devo essere io ad entrare” disse Ral. “E sono certo che ci siano delle guardie anche all’interno.”
“Allora abbiamo un problema” disse Kaya.
“C’è la possibilità di avere dei rinforzi dagli Orzhov?”
“Ho portato tutto quello che ho potuto nel breve tempo che avevo” disse Kaya. Indicò in alto, e Ral allungò il collo. I tetti che sovrastavano il vicolo erano pieni di orribili volti di pietra deformi. Gargoyle. “Sono silenziosi e obbediscono agli ordini. Qualsiasi altra unità avrebbe significato dibattere con i gerofanti, e non penso che ne avessimo il tempo. Tomik mi ha detto che avrebbe fatto del suo meglio.”
Ral sentì una fitta, che respinse brutalmente. Per quello ci sarà tempo dopo. “Se potessero causare abbastanza confusione” disse lui, “potremmo riuscire ad arrivare al portone principale, ma-”
“I miei compagni!”
Una serie di passi in rapido avvicinamento rivelarono una Hekara in corsa. Poi Ral si ritrovò ad essere abbracciato, esperienza nella quale non era particolarmente interessato. Mise una mano sulla fronte di Hekara per spingerla via, e lei si spostò felicemente verso Kaya, che ricambiò l’abbraccio in modo più felice.
“Vedo che anche te hai ricevuto il mio biglietto” disse Ral.
“Già!” Hekara lasciò andare Kaya e si rivolse nuovamente a lui, raggiante. “Ero giù ad aspettare Sua Fiammantosità quando arrivò, e c’era scritto che dovevo venire ad aiutarti. Quindi, eccomi qui!”
Hekara era stata curiosamente assente negli ultimi giorni, data la sua normale riluttanza ad abbandonare il fianco di Ral. Ral si era rifiutato di preoccuparsi per lei. Mi preoccupo più di chi ha la sfortuna di imbattersi in lei. Eppure doveva ammettere che fu un sollievo averla nuovamente sott’occhio.
“Ho sentito che dobbiamo spaccare un po’ di teste” disse Hekara. “Tutti quei testa-di-ferro laggiù, giusto?”
“Più o meno” disse Ral. “Dobbiamo raggiungere la torre. Hai qualche idea?”
“Io ho un sacco di idee!” disse Hekara. “Ti avevo già raccontato quella della papera buffa che indossa i pantaloni?”
“Idee rilevanti” si corresse Ral, scambiandosi uno sguardo con Kaya, che sembrava più divertita di lui.
“Foooooorse” disse Hekara. “Un rilevante è uno di quei cosi grossi e grigi con le orecchie di un lossodonte gigante, giusto?”
“Hekara” disse gentilmente Kaya, mentre Ral stringeva i denti. “Come oltrepassiamo quelle guardie?”
“Oh!” disse lei. “Quello intendevi. Aspetta solo un minuto.” Si mise una mano all’orecchio, in ascolto, e sopra al silenzio Ral udì alcune note stonate. “Ho portato degli amici.”
All’inizio era solo una sorta di suono ansimante e aspirato, come se qualcuno stesse suonando la fisarmonica.
Al suo aumentare, divenne chiaro che qualcuno stava effettivamente suonando la fisarmonica, solo che non era molto bravo. Poi, man mano che il volume del suono aumentava, l’ascoltatore percepiva non solo che il suonatore di fisarmonica non fosse particolarmente abile, ma anche che lo strumento stesso sembrava essere mortalmente ferito a causa di certi rumori sgraziati che emetteva ad intervalli casuali. Venne velocemente raggiunto da un coro di trombe d’ottone, tutte stonate, e da una falange di percussionisti, nessuno dei quali aveva condiviso con gli altri l’idea di quello che sarebbe dovuto essere il ritmo.
In breve, era una cacofonia assolutamente intenzionale: un muro di suoni discordi che combinati, in qualche modo, producevano una bizzarra melodia barcollante. Era accattivante nella sua bruttezza, saliva e scendeva. Ogni tanto sembrava stesse per comporsi una melodia per poi collassare nuovamente nelle sue componenti separate.
Un ometto svoltò l’angolo, alto poco più di un metro e vestito con un eccentrico completo dorato. Stava facendo il giocoliere al massimo delle sue capacità. Una roteante galassia di sfere era in movimento sopra di lui, inframmezzate da coltelli, asce e mattarelli. Le sue mani erano sfocate dalla perizia con la quale maneggiava quegli oggetti per poi rilanciarli in alto con lunghe traiettorie curve, il tutto mentre riusciva in qualche modo ad essere a tempo con l’incessante musica che veniva suonata dietro di lui. Il giocoliere era seguito da un paio di acrobate con enormi cerchi di metallo, che barcollavano per la strada come monete roteanti e le cui lustrinate utilizzatrici si trovavano a testa in giù la metà del tempo. Dietro di loro arrivò un plotone di percussionisti, in fila per sei, con altri tre in equilibrio sopra le spalle di questi ultimi.
Dietro a tutto quello seguì una piattaforma larga quasi quanto la stessa via e lunga come diversi carri. Era trasportata da una fila di grandi creature forzute su ogni lato: ogre, minotauri e qualsiasi altra specie che fosse abbastanza alta e grossa. Erano tutti decorati di lucente rosso e nero con ornamenti d’oro e d’argento. Sulla piattaforma una coppia di goblin faceva le capriole con la preannunciata fisarmonica, che si rivelò non solo danneggiata pesantemente, ma anche bizzarramente modificata con un enorme tubo ed una serie aggiuntiva di soffietti. I trombettisti malassortiti camminavano in cerchio attorno al palco mobile, cambiando periodicamente direzione inciampando comicamente e colpendosi a vicenda con i loro goffi strumenti. Altri giocolieri si fecero strada nella mischia, lanciandosi tra loro oggetti improbabili ed insultando i trombettisti quando per poco non li fecero cadere.
Di fianco al palco si trovavano anche altri artisti che saltavano e piroettavano, avvolti da lunghe sciarpe di seta e soffiando grandi vampate di fuoco in aria. Un’altra serie di percussionisti chiudeva la parata: questa era formata da creature più grosse che trasportavano delle profonde grancasse, suonandole per produrre potenti bassi. I pesanti passi dei trasportatori del palco si mescolavano ai profondi colpi e dava l’illusione di essere un esercito in marcia.

“Cosa” disse Ral, alzando la voce per poter essere sentito, “dovrebbe essere questo, esattamente?”
“Lo Straordinario Carnevale delle Meraviglie di Mastro Panjandrum!” disse Hekara, saltellando dall’emozione. “Sua Tormentosità ha detto loro di venire a darci una mano. Non sono fantastici?”
“Di sicuro sono rumorosi” disse Ral, mentre passava il palco.
“Scusa” disse Kaya, osservando una donna vestita in modo provocante piegarsi in modo impossibile per mandare baci di fumo colorato. “Non penso di seguirti. Sono questi i nostri rinforzi? Un circo?”
“Con Rakdos, un circo non è mai solo un circo” disse Ral. “Forza, avviciniamoci. I tuoi gargoyle possono gestire i totteri?”
Kaya annuì e gridò qualcosa in direzione dei tetti. Un attimo dopo, uno stormo di gargoyle prese il volo, circondando la torre.
“Aspetteranno noi per iniziare” disse Kaya, raggiungendo Ral con una corsa. “Qualunque cosa stiamo per fare.”
“Tu osserva” disse Ral. “E preparati a correre.”
Hekara saltellò di fianco a lui, battendo le mani completamente fuori tempo rispetto alla musica.
I soldati Azorius, in fila dietro le barricate, non potevano essersi persi l’avvicinamento del palco mobile e della sua falange di artisti. A quanto pare, però, nella loro mente non era chiaro il da farsi, visto che ci fu un sacco di movimento e di consultazioni prima che un ufficiale si affrettasse in strada, gesticolando con le braccia.
“Signori!” gridò. “Questa zona è sotto il diretto controllo del Senato, secondo la Risoluzione 3842 per le emergenze e la condotta appropriata. Inoltre, il vostro… intrattenimento doveva essere registrato con anticipo all’Ente della Viabilità Urbana, così da avvisare tutti gli ufficiali di rilievo. Temo che dovrò chiedere di disperdervi.”
“Oh, perbacco.”
Un uomo che Ral non aveva notato prima si distese dal fronte del palco. “Distendersi” era la parola esatta, dato che Ral non aveva mai visto un umano così tanto allungato. Era di diverse spanne più alto di Ral, ma talmente magro da sembrare uno scheletro, con gli arti sottili come bastoncini. Un completo molto formale gli era appoggiato sopra come se fosse stato appeso su uno stendino, facendolo apparire ridicolo, ed un cappellino decisamente troppo piccolo era appoggiato in modo assurdo sul suo cranio sporgente. Il volto era dipinto di un bianco uniforme, con labbra e occhi in risalto grazie ad un brillante color cremisi.
“Quello è Mastro Panjandrum” confidò Hekara.
Mastro Panjandrum fece un passo oltre il bordo del palco, dove il suo piede si appoggiò senza fatica sulla schiena di una contorsionista che aveva assunto la forma di uno sgabello. Anche a livello del terreno, Panjandrum torreggiava sull’ufficiale Azorius. Al suo fianco, il piccolo giocoliere era ancora sul pezzo, con diversi oggetti che roteavano sopra di lui in un ciclo infinito.
“È veramente un peccato” disse il maestro del circo. “I ragazzi saranno molto delusi. Cosa ne pensate, ragazzi?” Alzò la voce. “Dicono che dobbiamo tornarcene a casa!”
La musica si fermò di colpo, in modo improvviso e discordante. I percussionisti di fermarono, i trombettisti si interruppero a metà di una nota e la fisarmonica si zittì dopo un ultimo sfiato stonato. Ci fu un attimo di silenzio, e poi un centinaio di voci gridarono in coro.
“Lo spettacolo deve continuare!”
“Bè” disse Panjandrum, mentre la musica stava ripartendo. “Eccovi serviti.”
“C-cosa?” L’agente socchiuse gli occhi. “Lo vedremo-”
Poi si fermò, poiché uno degli oggetti della collezione volante del giocoliere, una palla di metallo delle dimensioni di un pugno, gli era sfuggita ed era caduta da un’altezza considerevole per atterrare esattamente sulla testa dell’ufficiale. L’uomo collassò senza vita sui ciottoli.
“Oops” disse Panjandrum. Il suo sorriso dipinto si allargò in un malefico ghigno.
Hekara, ancora saltellante, diede una gomitata nelle costole a Ral. “Ed è qui che viene il bello.”
“Capitano!” gridò qualcuno dai ranghi degli Azorius. Una donna in uniforme si alzò dalla sua copertura, facendo qualche passo in avanti, solo per cadere all’indietro con un coltello da macellaio conficcato nell’occhio. Il piccolo giullare era troppo veloce, e gli oggetti venivano lanciati dalle sue mani su tutti i ranghi degli Azorius. Coltelli, piatti i cui bordi si rivelarono affilati come rasoi, pouf che esplodevano in sciami di piccoli dardi d’argento e armi ancora più improbabili iniziarono a piovere a raffica.

All’unisono, la fila frontale di percussionisti sfondò i propri strumenti sulle ginocchia, rivelando delle lunghe fruste di lame nascoste all’interno. Quelli che erano in piedi sulle spalle degli altri saltarono giù, e iniziarono a roteare le loro armi mortali. Dietro di loro, i trombettisti si misero gli strumenti in spalla e premettero dei grilletti nascosti, sparando dardi da balestra d’acciaio.
“Fuoco!” gridò qualcuno, alla base della torre. “Rispondete al fuoco!”
Le balestre scoccarono, inviando una raffica di quadrelli verso il circo itinerante e facendo cadere sul ciottolato diversi artisti. Un uomo, colpito proprio mentre stava sputando fiamme, esplose in una spettacolare palla di fuoco. Un dardo colpì una delle acrobate mentre stava piroettando in aria, volteggiò sfruttando l’inerzia del colpo, eseguendo un atterraggio perfetto con le braccia allargate, per poi eseguire un lungo inchino e cadere a terra morta.
“Ora tutti si credono dei critici” mormorò Mastro Panjandrum, accucciandosi in mezzo alla raffica. “Fategli vedere cosa facciamo alla critica, ragazzi!”
Gli artisti Rakdos gridarono di motivazione e caricarono in avanti, lasciando cadere a terra il palco mobile. Gli agenti Azorius uscirono dai loro ripari per scontrarsi con loro, spade alla mano, e così ebbe inizio la battaglia.
Kaya stava guardando incredula, poi si voltò verso Hekara. “I vostri circhi sono tutti così?”
“Non tutti” disse Hekara, pensando intensamente. “Alcuni hanno anche le tigri!”
“Ricordami di evitarlo, allora” disse Kaya, estraendo i suoi pugnali. In alto, i gargoyle sfrecciavano e scendevano in picchiata, lottando contro i totteri fluttuanti. “Andiamo?”
La piazza era nel caos. Acrobati danzanti con dita affilate tagliavano la carne mentre piroettavano, i giocolieri lanciavano le loro armi ed uno squadrone di ogre vestiti da clown si lanciarono contro i soldati Azorius in un modo che non lasciava trapelare alcun divertimento da parte loro. Un gruppo di ussari caricò, menando fendenti con le sciabole. Uno di essi tagliò di netto la testa di un giocoliere, dopodiché l’artista decapitato si rialzò in parte qualche secondo dopo, rivelando essere due goblin vestiti con un lungo cappotto.
Ral, Kaya e Hekara si fecero strada attraverso la bolgia, in direzione della porta principale della torre. Le truppe Azorius li ignorarono quasi completamente a causa di altre minacce molto più immediate. Hekara saltellava con leggiadria, evocando le sue lunghe lame affilate dal nulla e le lanciava in tutte le direzioni, mirando a occhi, gole e spazi scoperti delle armature. Kaya assunse la guida del gruppo, con i pugnali sguainati, e quando un agente di polizia cercava di afferrarla lei lo lasciava semplicemente passare attraverso con una vampata di luce viola, poi gli conficcava un coltello nella schiena mentre il poveretto cercava di capire cosa fosse successo.
Frammenti di tottero stavano cadendo dal cielo, con un flusso costante di ingranaggi e cristalli distrutti. Le macchine volanti rispondevano all’attacco con trivelle rotanti e scintille elettriche, quindi ogni tanto cadeva anche un raro gargoyle spezzato, che discendeva sulla scena come una pioggia di ciottoli. Ral alzò lo sguardo, ma non per osservare la zuffa aerea, bensì osservando i lampi e le luci nelle nuvole più lontane, cercando di comprendere come stesse andando il combattimento più importante. Da lì era impossibile vedere qualcosa, tranne il fatto che fosse ancora in corso. Abbiamo ancora tempo.
Davanti alla porta della torre si trovava una fila di disciplinati agenti che proteggevano un mago dai vestiti leggeri con i loro pesanti scudi. Il mago gridava degli ordini che rimanevano prevalentemente inascoltati. Entrarono in contatto visivo con Ral e gli altri, e riuscirono ad alzare gli scudi per deviare la pioggia di coltelli provocata da Hekara.
“Levatevi di mezzo” ringhiò Ral, alzando le mani. I fulmini crepitavano e sobbalzavano dalle sue dita.
“Questa torre è interdetta” gridò il mago, alzando le mani a sua volta. Una luce bianca si alzò attorno a lui in precisi cerchi concentrici. “È vietato attraversare la soglia, per ordine del Senato!”
I glifi brillarono e ruotarono, dando alle parole del mago della legge la forza della magia. Ral lanciò una saetta verso di lui, ma si infranse contro l’incantesimo di difesa. Lui serrò la mascella.

“Non abbiamo tempo per questo” disse lui. “Hekara, uno dei tuoi amici può-”
“Me ne occupo io” disse Kaya. “Attira la loro attenzione.”
“Va bene!” disse Hekara. Avanzò con qualche capriola, evocando altre lame. Kaya prese un profondo respiro, poi affondò nella terra con un lampo viola.
Ral fece spallucce, e sparò un altro fulmine al mago della legge. L’uomo mosse le mani, rinforzando le sue difese. Un’altra scarica, e poi un’altra ancora non risolsero molto, e Ral vide che il mago stava diventando sempre più sicuro di sé. Fece un gesto ai suoi soldati perché avanzassero.
Ral fu l’unico a vedere Kaya uscire dal terreno e riprendere fiato. Prima che il mago potesse rendersi conto che lei si trovasse lì, lei allungò le braccia attorno a lui, muovendo il pugnale in orizzontale all’altezza della gola del mago. Lui cadde in un mare di sangue, e l’incantesimo vibrò per poi svanire. Ral alzò nuovamente le mani e percepì l’energia fluire dal suo accumulatore, raccogliendosi per un attimo nei suoi guanti prima di lanciarla indiscriminatamente contro l’intero rango di soldati Azorius. Caddero come tessere del domino, e Ral e Hekara evitarono di calpestare la fila di corpi di armatura.
La porta tremò quando Ral provò ad aprirla, ma non si mosse. Si accigliò, per poi guardarsi alle spalle. La piazza era ancora piena di artisti Rakdos impegnati in combattimento contro le truppe Azorius, ma non sarebbe durato ancora per molto… i rinforzi stavano quasi sicuramente già arrivando.
“State indietro” disse lui, alzando le mani.
“Aspetta un secondo” disse Kaya. Si avvicinò alla porta, la attraversò con un braccio, poi iniziò ad armeggiare per un po’. Un pesante tonfo indicò che era riuscita a rimuovere la sbarra dall’altro lato, dopodiché la tiro per aprirla. “Molto più facile così.”
“Comodo!” disse Hekara. “Ehi, ma cosa succede se ci ficchi dentro la testa, e poi qualcosa prova ad aprire la porta, e-”
“Cerco di non pensarci.” Kaya entrò nella stanza scura oltre la soglia. “Questo posto sembra vuoto.”
“Il faro è in cima” disse Ral.
Fece cenno a Hekara di entrare, poi chiuse e sbarrò la porta dietro di loro. La torre era, effettivamente, quasi completamente vuota, con una singola larga scalinata che le serpeggiava attorno rimanendo sul lato esterno. Un tempo l’edificio aveva più piani interni, anche perché i supporti di pietra per le assi dei pavimenti si trovavano ancora lì, ma gli ingegneri Izzet avevano eliminato tutto per rendere più semplice il trasporto delle componenti verso la cima con le gru. Guardando in alto, Ral riusciva a vedere la parte inferiore di una complessa massa di macchinari, ingranaggi connessi, grandi cavi di mizzium penzolanti e accumulatori di cristallo crepitanti.
“Voglio dire, pensavo che avessero messo delle guardie anche qui dentro” disse Kaya. “Se è veramente così importante.”
“Potrebbero anche aspettarci direttamente alla cima” disse Ral. “Stiamo attenti.”
“Dobbiamo camminare? Non avevi detto che c’era uno di quei cosi per sollevare?” disse Hekara.
“Era più una catapulta, se ricordo correttamente” disse Ral. “Penso che l’abbiano riportata a Nivix una volta finiti i lavori.”
“Oooohh” disse Hekara. “Sembrava una roba fantastica.”
Iniziarono a salire le scale, con Kaya in prima fila con i pugnali estratti. A metà della prima svolta, Ral alzò una mano, fissando la scalinata curva davanti a loro.
“Si è mosso qualcosa” disse lui, concentrandosi. “Osservate attentamente.”
Una sfera di sibilante elettricità apparve sopra la sua mano, e Ral la lanciò dolcemente. Fluttuò in avanti, espandendosi in un campo di energia, della potenza necessaria ad alzare soltanto i capelli dei presenti. Ma riuscì comunque a delineare ogni cosa di fronte a loro grazie ad una sottile aura crepitante: le pareti, le scale, una bobina appesa…
...ed una decina di strane cose a sei zampe.
Kaya si irrigidì quando le creature si alzarono. Non erano propriamente invisibili, ma erano sapientemente mimetizzate, cambiando il colore e la sfumatura delle loro piatte superfici metalliche per adattarsi alla pietra dietro di essi. Avevano dei lunghi corpi asimmetrici, con delle sottili zampe appuntite che si contorcevano bizzarramente.
“Ecco le tue guardie” disse Ral.
“Che cosa sono?” disse Hekara.
“Costrutti” mormorò Ral.
Hekara inclinò la testa. “Io pensavo che fossero sempre grossi e pieni di ingranaggi. Questi sono quasi carini.”
“Queste sono creazioni di Tezzeret” disse Ral.
“Qualsiasi cosa siano” disse Kaya, “dobbiamo superarli, giusto?” Si accucciò in posa da combattimento. “Vediamo di riuscirci.”
Il costrutto più vicino iniziò ad avanzare, con le zampe che ticchettavano sulla pietra. Kaya corse verso di esso, aprendo le braccia che brandivano i pugnali, e l’entità alzò un arto per colpirla con una delle sue punte perforanti. Mentre il colpo veniva inferto, però, lei sparì, schivando di lato e passando attraverso uno degli altri arti del costrutto per attaccare la macchina dietro di esso. I pugnali si conficcarono ai suoi lati, scivolando attraverso la sua pelle d’acciaio con una vampata di luce viola per distruggere tutte le sue componenti interne.
Hekara sfoderò il suo ghigno da pazza che sfoggiava quando doveva far del male a delle persone o distruggere delle cose, quindi evocò un serie di pugnali dal nulla. I primi due si limitarono a rimbalzare contro la spessa copertura esterna del costrutto, quindi la strega dei rasoi ne creò altri due, appuntiti e sottili come spuntoni da ghiaccio, e li scagliò in avanti. Si accucciò sotto il primo costrutto, pugnalandolo verso l’alto e puntando le sue armi al ventre.
Ral seguì il suo esempio. Un fulmine sarebbe semplicemente scivolato sulla pelle metallica di quegli esseri, quindi concentrò la sua energia nei guanti, mantenendo una sfera di plasma sul suo palmo finché non divenne bianca per l’incandescenza. Quando un costrutto cercò di attaccarlo, lui schivò il suo fendente e sbatté quell’energia concentrata contro di esso. Ciò che sarebbe dovuta essere la testa si divise in due, in una cascata di metallo fuso, e il costrutto barcollò sgraziatamente giù dalle scale, colpendo il pavimento della torre in basso e bruciando in una massa di metallo contorto.
Più in alto, Kaya stava smantellando un’altra macchina con i suoi pugnali, e Hekara ne stava tenendo una occupata procurandole un sacco di piccoli fori. Quando gli spuntoni si ruppero, lei si limitò ad evocarne di nuovi per continuare la sua opera, stando lontana dai contrattacchi del costrutto con estrema facilità. Ral arrivò da dietro ed elettrizò l’essere con un tocco, saltando sopra il suo corpo senza vita per intercettarne un altro prima che colpisse Hekara da dietro. Un altro costrutto cadde giù dalle scale, con quattro delle sue sei zampe rimosse. Dopo qualche altro momento di azione frenetica, la via fu finalmente libera.
“Non c’è niente di meglio che un bel combattimento con i tuoi compagni, vero?” Hekara guardò i suoi due alleati con un largo sorriso.
“Di sicuro è rinvigorente” ammise Kaya, con un leggero sorriso.
“Non possono esserci solo questi” disse Ral. Alzò lo sguardo e scosse la testa. “Ci sta aspettando qualcosa lassù.”
“E allora faremo fuori anche quello!” disse Hekara. “Forza.”
L’ultima svolta delle scale si trovava all’interno dei macchinari che componevano il faro, quindi era fiancheggiata da batterie di bobine e accumulatori, pannelli di controllo e cavi appesi. Nulla sembrava danneggiato. Ral sapeva che il nucleo del faro era ben protetto, ma era ancora preoccupato che le forze di Bolas avessero potuto provare a disabilitarlo. A quanto pare, no. La loro attenzione dev’essere focalizzata da qualche altra parte.
Nel punto in cui terminava la torre di pietra, le scale sbucavano verso un ponte piatto che formava la base della grande cupola di rame. I circuiti del faro erano concentrati al centro della stanza, connessi attorno a un singolo ed enorme cristallo di risonanza. Quello era il cuore di tutto quanto, la tecnologia che Ral aveva preso in prestito dal Progetto dei Fulmini Rivelatori, enormemente ingrandita ed invertita. Quando veniva applicata la giusta corrente, sarebbe diventata una torcia risplendente, che avrebbe brillato nel Multiverso. Almeno in teoria, ogni Planeswalker sarebbe stato capace di vederla e scoprire il modo di arrivare su Ravnica.
Di fronte al nucleo si trovava una tastiera, simile a quella di un pianoforte, con tanto di tasti in avorio. Il blocco di sicurezza. Quella era l’ultima valvola di sicurezza. Se Ral avesse inserito la sequenza che aveva scelto, dalla quale sembravano ormai passati secoli, allora il faro si sarebbe attivato. E quell’attivazione era stata progettata per essere irreversibile: avrebbe bruciato fino alla fine del carburante. Ci siamo quasi.
Sfortunatamente, il resto della stanza non era vuoto. C’erano delle colonne d’acciaio ad intervalli regolari che sostenevano una complessa massa di cavi, condotti e serie d’ingranaggi. Parte dell’equipaggiamento passava attraverso delle grate nel pavimento per andarsi a connettere con altre componenti che si trovavano più in basso. Altri cavi, invece, passavano per le pareti, uscendo attraverso altre grate che fornivano una vista annebbiata dei cieli oscurati all’esterno.
In mezzo a quella giungla, tra loro e la tastiera di sicurezza, si trovavano due donne, una di fianco all’altra. Lavinia aveva scambiato il suo mantello con cappuccio per un completo in armatura blu e oro degli Azorius, ed era pronta con la spada alla mano. Di fianco a lei, Vraska era completamente vestita di nero, e i suoi tentacoli erano già agitati. La gorgone guardò loro tre con un sorriso sprezzante.
“Bè” disse lei, “ci avete impiegato un po’.”


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