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I Figli del Senza Nome - Capitolo 10

DAVRIEL

Secondo l’orologio da taschino di Davriel, erano quasi le due di notte quando imboccarono l’ultima curva in direzione della prioria. Davriel si sarebbe aspettato che la ragazzina si addormentasse ad un certo punto del viaggio, ma continuava a guardare gli alberi all’esterno e le forme oscure che componevano al loro passaggio.

 

Chiaramente, che Davriel stesse trascorrendo l’intero tragitto in silenzio non significava che fosse effettivamente solo.

 

Non possiamo nasconderci ancora per molto, disse l’Entità. Dobbiamo prepararci per quando verremo scoperti.

 

Sono diversi mesi che dici la stessa cosa, rispose Davriel nella sua mente. E, guarda un po’? Siamo ancora qui. Ancora al sicuro. Ancora da soli.

 

Ti danno la caccia. Troveranno il tuo nascondiglio.

 

E allora ne cercherò un altro.

 

Davriel poteva percepire l’Entità che si agitava nella sua mente. Sentì odore di fumo, e la sua vista si annebbiò. L’Entità stava giocando nuovamente con i suoi sensi.

 

Ti ricordi il brivido? La gloria della conquista? disse. Ti ricordi il potere di quel giorno?

 

Mi ricordo, disse Davriel, con il fumo che gli riempiva le narici, di aver capito che avevo attirato troppa attenzione. Che la forza che possedevo, per quanto incredibile, non sarebbe stata sufficiente. Che coloro che desideravano reclamarti mi avrebbero sconfitto facilmente se fossi rimasto solo contro di loro.

 

Sì, disse l’Entità. Sì, ci fu… saggezza in quella presa di coscienza.

 

Davriel scosse la testa, poi eliminò l’influenza dell’Entità sui propri sensi. Cosa? pensò. Concordi sul fatto che non avrei dovuto usarti in quel momento?

 

, disse l’Entità. Sì.

 

Che strano. Solitamente l’Entità voleva che lui attingesse al suo potere, che la utilizzasse per il suo vero scopo: come un enorme serbatoio per potenziare le proprie magie. Con l’Entità, avrebbe potuto far durare le sue abilità rubate per settimane, potendole comunque utilizzare costantemente. Nella situazione attuale, gli incantesimi che rubava dalle menti degli altri di solito svanivano qualche ora dopo il loro primo utilizzo. Alcuni duravano di più, ed altri scomparivano dopo qualche minuto, soprattutto se li teneva inutilizzati per un po’ prima di usarli.

 

Non sei ancora pronto, disse l’Entità. Ho capito questo. E sto escogitando una soluzione. Il multiverso ribolle in tua assenza. Potenti forze si scontrano, ed i confini tra i piani vacillano. Prima o poi, il conflitto riuscirà a trovarti. E io ti dovrò far trovare pronto e preparato. Pronto per innalzarti e reclamare la posizione che è nostra di diritto…

 

Tornò in silenzio, e non rispose alle provocazioni di Davriel. Cosa stava pianificando? Erano forse le solite promesse e minacce a vuoto?

 

Rabbrividendo dopo quella conversazione, Davriel rivolse la sua attenzione alla missione attualmente in atto. Aveva rubato un buon numero di abilità dai cacciatori nella chiesa. Eppure, anche se le aveva esaminate per bene, era difficile non notare quanto sembrassero insignificanti rispetto al potere dell’Entità.

 

Era meglio non pensarci. Aveva rubato un incantesimo di esilio molto interessante dalla leader dei cacciatori. Era potente ma, come dimostrato dal tentativo di lei di utilizzarlo contro di lui, non aveva conseguenze sugli umani. Poteva utilizzarlo per respingere una creatura composta di magia, come un geist o perfino un angelo, anche se l’effetto sarebbe stato temporaneo.


Luce Divoratrice | Slawomir Maniak
Luce Divoratrice | Slawomir Maniak

Anche la piromanzia, ovviamente, si sarebbe potuta rivelare utile, anche se la sua forza sarebbe diminuita col tempo fino ad esaurirsi, ora che l’aveva già utilizzata una volta. Aveva sperato ci fosse qualcosa di utile nella mente dell’anziano diabolista, ma l’unico talento che aveva scovato nel cranio di quell’uomo era un maginchiostro da scriba, per far comparire delle parole visualizzate mentalmente su una superficie. Quasi inutile in combattimento. Almeno aveva ancora l’incantesimo evoca-arma. Anche quello, come la piromanzia, sarebbe rimasto latente per qualche ora ancora.

 

Non era un arsenale particolarmente potente, ma era sopravvissuto in condizioni peggiori, e presto avrebbe aggiunto anche i talenti della priora. Infatti, una luce più avanti lungo la strada nella vecchia foresta indicava che si stavano avvicinando. Tacenda si sporse dal suo posto a sedere. Era una ragazzina tosta, anche se quasi tutti gli abitanti degli Accessi avevano quel tratto. Duri come rocce e testardi come cinghiali, e con lo stesso buonsenso di entrambi. Se fosse stato altrimenti, avrebbero cercato un altro posto in cui vivere.

 

Ma certo, pensò Davriel distrattamente tra sé e sé, e questo come mi identifica? Un uomo che è venuto a vivere qui per capriccio, tra tutti i luoghi possibili?

 

Non sei venuto qui per un tuo capriccio, gli disse l’Entità. Io ti ho deliberatamente condotto qui.

 

Davriel percepì un improvviso impulso di allerta. Raddrizzò la postura, facendo chiudere con uno scatto il libro mastro alla Signorina Highwater, seduta di fronte a lui, e mettendo anche lei in allerta.

 

Cosa? chiese Davriel. Cos’hai appena detto?

 

L’Entità tornò a calmarsi, in silenzio.

 

Non mi hai portato tu qui, pensò Davriel. Sono venuto su Innistrad di mia spontanea volontà. Ho scelto questo piano per via della sua popolazione demoniaca.

 

Di nuovo, l’Entità non disse nulla. La Signorina Highwater lo squadrò, cercando di capire che cosa lo avesse turbato. Davriel si sforzò di mantenere un’espressione serena sul volto. Di certo… di certo l’Entità lo stava solo provocando.

 

Eppure, lui sapeva che l’Entità non avrebbe mai detto qualcosa che per essa non fosse la verità.

 

La carrozza rallentò man mano che si avvicinava alle luci: due enormi lanterne ad olio coperte di vetro. Il fuoco è veramente il simbolo universale della civiltà.

 

“Oh, la carrozza!” disse una voce amichevole.

 

Tacenda si drizzò. “Io conosco quell’uomo, Davriel. È Rom. Lui è-”

 

“Lo conosco” disse Davriel. “Grazie.”

 

La Signorina Highwater alzò il copri-finestrino, rivelando l’anziano monaco che camminava al lato del veicolo.

 

Rom eseguì un inchino per Davriel, anche se un po’ barcollante. “L’Uomo in persona! Lord Davriel Greystone! Suppongo che avremmo dovuto aspettarci una vostra visita questa notte.”

 

“La mia visita è diventata improrogabile dopo l’incontro con quei cacciatori che mi avete mandato, Rom” disse Davriel.

 

“Già, suppongo abbiate ragione” disse Rom, dando un’occhiata alla strada che portava alla prioria, visibile in lontananza grazie alle luci che uscivano dalle sue finestre. “Bè, quello è un pensiero per i più giovani.” Diede le spalle alla carrozza e fece un cenno col capo verso la Signorina Highwater. “Banchettatrice di Uomini.”

 

“Rom” rispose lei. “Ti trovo bene.”

 

“Lo dici sempre, signorina” disse Rom. “Ma anche se tu non sei cambiata di una virgola in quarant’anni, io so benissimo di essere diventato un pezzo di vecchio cuoio lasciato troppo a lungo sotto il sole.”

 

“I mortali invecchiano, Rom” disse lei. “Siete fatti così. Ma scommetterei mille volte sul pezzo di cuoio che è rimasto resistente per quarant’anni piuttosto che su un nuovo pezzo senza nemmeno un graffio.”

 

L’anziano uomo sorrise, mostrando qualche dente mancante. Sollevò lo sguardo verso Crunchgnar che, a giudicare da come il tetto aveva cigolato sotto il suo peso, si era spostato sul bordo per osservare il vecchio cacciatore.

 

“Bene, lasciate che vi porti dalla priora, mio signore” disse Rom a Davriel. “Da quando sono arrivato e le dissi del villaggio, sta aspettando di parlare con…” Perse il filo del discorso, stringendo gli occhi verso la carrozza. Poi iniziò a dire, notando Tacenda seduta sul sedile: “Signorina Tacenda? Ma, avevi detto che saresti rimasta nel rifugio!”

 

“Mi dispiace, Rom.”

 

“L’ho trovata nella mia sala da bagno” aggiunse Davriel. “Con gli occhi pieni di vendetta ed un attrezzo arrugginito in mano. Ha rovinato una delle mie camicie preferite quando mi ha pugnalato.”

 

“Bel colpo!” disse Rom. Davriel si aspettava che l’uomo ne sarebbe rimasto inorridito, invece iniziò a ridere, dandosi una sberla sulla gamba. “Bè, hai fatto miracolosamente bene, Tacenda! Avrei potuto dirti che sarebbe stato inutile, ma diamine, pugnalare l’Uomo in persona? Il Pantano deve essere assolutamente fiero di te!”

 

“Uhm… Grazie” disse lei.

 

“Bè, sono felice di vedere che stai bene, signorina! Stavo per tornare da te, dopo aver detto alla priora ciò che mi hai riferito. Ma lei ha detto che ha bisogno che tutti i soldati rimangano qui, anche uno vecchio come me. Per sicurezza. Quindi poi mi ha messo a fare la guardia alla strada.”

 

Rom aprì la porta per far uscire la Signorina Highwater. Normalmente, quando Davriel faceva visita, lei e gli altri demoni avrebbero dovuto aspettare appena fuori dalla prioria ed uno dei monaci o dei sacerdoti avrebbe condotto Davriel e la carrozza all’interno della proprietà. Quella notte, tuttavia, Davriel la fermò iniziando a scendere da solo.

 

“Dav?” chiese la Signorina Highwater.

 

“Vi voglio qui fuori, con la carrozza” disse lui. “Se succede qualcosa, dovrete raggiungermi velocemente.”

 

“Potreste venire tutti” disse Rom. “Perdonatemi, mio signore, ma possono farlo, se vogliono.”

 

“Sono certo che la priora apprezzerebbe molto” disse Davriel.

 

“Lei non è il signore di queste terre” disse Rom. “Perdonatemi, ma è la verità, quanto è vero l’arcangelo. E se siete preoccupato della luce esiliante, bè, penso che nessuno dei cuccioli che ospitiamo qui sia abbastanza potente perché voi lo temiate… e la mia sola abilità non basta nemmeno per catturare un diavoletto, ultimamente.”

 

Davriel guardò in direzione della Signorina Highwater, e lei scosse la testa. Probabilmente Crunchgnar avrebbe accolto con gioia la possibilità di calpestare del suolo sacro e dissacrare un paio di altari, ma Davriel non gli chiese di andare con lui. Al suo posto, fece un cenno a Tacenda così che lo raggiungesse. La ragazza ondeggiò verso di lui, trasportando la sua viola.

 

Davriel lasciò il suo bastone animato sulla carrozza, sicuro di poterlo evocare con uno dei suoi nuovi incantesimi appena acquisiti. “Preparati” disse a Crunchgnar. Poi fece un cenno col capo a Rom, che fece loro strada verso la prioria.

 

Le foglie si spezzavano sotto i loro passi, facendo fuggire negli alberi diverse entità. Probabilmente erano solo animali della foresta. Vicino alla prioria ne viveva un numero stranamente alto. Davriel passò oltre le lanterne accese poste ai lati della strada, accedendo alla radura dove, all’esatto centro di un piccolo pendio, si ergeva la prioria illuminata dalla luce lunare. Quel lungo edificio ad un solo piano gli era sempre sembrato solitario.


Cappella Isolata | Richard Wright
Cappella Isolata | Richard Wright

Tacenda si guardò alle spalle, verso i demoni lasciati indietro. “Non capisco”, disse a Davriel a bassa voce. “Rom è amichevole con te, ma sento comunque che è come se stessimo dirigendoci verso una battaglia.”

 

“La mia relazione con la prioria è… complicata” disse Davriel. “Per quanto riguarda Rom, lascerò che parli per sé.”

 

“Signore?” disse Rom, girandosi verso di loro. “Non ho nulla di importante da riferirvi. Me ne guardo bene ultimamente. Ne ho già avuto abbastanza di certe sciocchezze quand’ero giovane.”

 

“Tu conosci la Signorina Highwater” disse Tacenda.

 

“Per dieci anni ho tentato di distruggere quel demone” disse Rom, poi sbuffò. “Per poco non mi feci ammazzare una mezza dozzina di volte per completare la missione, maledizione. E alla fine imparai: mai cacciare un demone più scaltro di te. Continua ad occuparti di quelli stupidi. Di quelli ce ne sono abbastanza da tenere occupato un cacciatore per tutta la sua vita.”

 

“Io credevo che cacciassi mannari quando eri più giovane” disse Tacenda.

 

“Cacciavo tutto quello che provava a cacciare gli uomini, signorina. Prima ci furono i demoni. Poi i mannari.” La sua voce si addolcì. “Poi gli angeli. Bè, quell’avvenimento spezzò uomini più forti di me. Quando tutto si sistemò, mi ritrovai ad essere un vecchio che aveva passato i migliori anni della sua vita immerso nel sangue. Sono venuto qui per cercare di sfuggire a quella sensazione, cercare di farla passare un po’ e trascorrere il tempo a dare la caccia alle erbacce piuttosto che ai mostri…”

 

“Conosci un sacerdote di nome Edwin?” chiese Davriel.

 

“Certo” disse Rom. “Quello impaziente. E giovane.”

 

“Parlami di lui” lo incalzò.

 

“La sua testa è piena dei discorsi della virtuosa inquisizione. Discorsi provenienti dalle menti più zelanti nel cuore delle terre degli umani. Ha già imboccato una certa strada, quella per la quale capisci troppo tardi che porta in una sola direzione…” Lanciò uno sguardo a Davriel. “Non dovrei dire altro. Parla alla priora.”

 

Alcuni catari della prioria aspettavano alle porte dell’entrata sud-orientale. Cappotti bianchi su vesti di cuoio, con grossi colletti e cappelli a punta che oscuravano il viso. Osservavano malignamente Davriel.

 

“Bei cappelli” commentò lui, mentre sgusciava all’interno della prioria. La chiesa poteva veramente vantare di avere i copricapi migliori.

 

Rom fece strada lungo un piccolo corridoio e Davriel lo seguì, facendo strusciare il suo mantello contro entrambe la pareti. La prioria era un luogo umile. La priora rifiutava gli ornamenti, preferendo degli squallidi corridoi in legno pitturati di bianco. Passarono vicino alla scalinata che portava alle catacombe, dove tenevano quello sciocco artefatto che dicevano fosse stato donato loro da un angelo.

 

Il passaggio di Davriel attirò un po’ di attenzione: delle teste spuntavano fuori dalle porte, mentre altri correvano in giro per divulgare la notizia che l’Uomo era in visita alla prioria. Nessuno lo interruppe, almeno finché non si avvicinò alla porta della stanza della priora. Appena prima di raggiungerla, un sacerdote corse fuori da un corridoio laterale per posizionarsi tra Davriel e la sua destinazione, con il viso paonazzo a causa della corsa.

 

Era un giovane uomo dai lucidi capelli neri, sciupato come se avesse avuto il doppio della sua vera età. Non indossava armatura, solamente delle vesti adatte al suo rango, ma ciononostante estrasse la sua spada lunga e la puntò verso Davriel.

 

“Fermo qui, immondo!” disse il giovane.

 

Davriel alzò un sopracciglio, poi lanciò uno sguardo a Rom. “Edwin?”

 

“Sì, vostra signoria” disse Rom.

 

“Io non appoggerò il vostro regno di terrore” disse Edwin. “Tutti sanno ciò che hai fatto. Un intero villaggio? Potrai anche spaventare gli altri, ma io sono stato addestrato per combattere per ciò che è giusto.”

 

Davriel studiò il giovanotto, le cui mani stavano iniziando a brillare. Era quasi sempre il loro primo gesto istintivo, cercare di spazzarlo via con la luce esiliatrice. Erano tutti così sicuri che lui fosse segretamente una qualche specie di mostro sovrannaturale… e invece era solo un uomo, il mostro più naturale di tutti.

 

“Edwin” disse Rom. “Calmati, bello. Non la passerai liscia.”

 

“Non riesco a credere che tu lo lasci entrare qui dentro, Rom. Hai dimenticato le nostre prime lezioni! Non parlare coi mostri, non ragionare con loro e, cosa più importante, non invitarli a entrare.”

 

“Tu affermi di avermi visto sulla strada sette giorni fa” disse Davriel. “Proclami che fui io, insieme a due geist, ad attaccare quei mercanti. Com’ero fatto?”

 

“Non ti devo una risposta!” disse Edwin, alzando la spada e facendole riflettere la luce delle lampade.


Devozione Incrollabile | Kev Walker
Devozione Incrollabile | Kev Walker

“Hai visto la mia maschera?”

 

“Io… scappasti nella foresta prima che potessi vederla!”

 

“Io sono scappato? A piedi? Non ho usato una carrozza? E mi hai lasciato andare?”

 

“Tu… tu eri sparito nella foresta con i tuoi geist. Non ho visto la tua maschera, ma il mantello era quello. E non ho iniziato l’inseguimento perché dovevo controllare le condizioni delle tue vittime!”

 

“E così poi hai detto a tutti di aver visto me” sbottò Davriel, “quando in realtà hai visto solo una figura incappucciata indistinta?”

 

“Io… io sapevo che cos’eri…” disse Edwin, farfugliando. “Gli inquisitori parlarono dei signori come te! Che si cibano degli innocenti. Cercano dei villaggi senza protezione da dominare. Quelli come voi sono una piaga per la nostra terra!”

 

“Tu stavi cercando un motivo per incolparmi di qualcosa” disse Davriel. “Quella fu solamente la prima occasione che trovasti. Sciocco ragazzo. Quant’era alta la persona che hai visto?”

 

“Io…” sembrava stesse riconsiderando le sue accuse.

 

Davriel alzò le proprie mani e sfregò tra loro le dita, evocando la piromanzia rubata. Il potere era ancora con lui, anche se stava svanendo. Fece danzare le fiamme attorno alle dita.

 

Edwin stava forse mentendo di proposito? Edwin avrebbe potuto uccidere i genitori di Tacenda per qualche motivo, poi far sì che la sorella scappasse così che potesse identificare l’assassino come Davriel? Aveva poi compiuto lui l’attacco sui mercanti per far concentrare l’attenzione di tutti verso Davriel?

 

Forse avrebbe potuto tirargli fuori la verità con un bello spavento.

 

“Rom” disse Davriel. “Dovresti preparare un po’ d’acqua. Non vorrei bruciare per sbaglio tutto l’edificio. E magari prendi anche uno straccio per pulire ciò che rimarrà di questo giovanotto.”

 

“Certo, vostra signoria” disse Rom. Prese Tacenda per un braccio, trascinandola via dal conflitto, in fondo al corridoio.

 

Edwin sbiancò in viso ma, per dargli un po’ di credito, provò ad aggredire Davriel. Tutto sommato non fu una pessima mossa. Il mantello di Davriel, tuttavia, produceva immagini residue che confondevano gli spadaccini poco abili. L’attacco del ragazzo colpì a destra. Davriel fece un passo laterale, poi colpì dolcemente la lama con un’unghia.

 

Il giovane si voltò, grugnendo, poi attaccò di nuovo. Davriel, a sua volta, attivò l’incantesimo di evocazione dell’arma. Farlo gli provocò una piccola fitta di dolore nella mente. Stupida magia. Ma funzionò comunque, facendogli comparire in mano l’ultima arma che aveva toccato: in questo caso, la spada del giovane sacerdote.

 

Edwin barcollò, sbilanciato dall’improvvisa sparizione della sua arma e la sua ricomparsa tra le mani di Davriel.

 

Davriel alzò l’altra mano, facendo crescere le fiamme attorno alle proprie dita. “Dimmi, ragazzino” disse lui. “Pensi veramente che io dovrei fuggire da te?”

 

Il giovane sacerdote barcollò all’indietro, tremando… ma estrasse un coltello dalla cintura.

 

“Pensi veramente” disse Davriel, “che mieterei delle anime in segreto? Se mi servissero, le esigerei pubblicamente!”

 

Gli serviva qualcosa per rendere quel momento più drammatico. La maginchiostro che aveva rubato dall’anziano demonologo, forse? Diede a Davriel un piccolo formicolio di dolore mentre la utilizzava per dipingere i muri di nero, come se fossero impregnati di inchiostro. Dallo sfondo scuro fece comparire delle inquietanti lettere che si mossero sul pavimento in direzione di Edwin. Fluivano come ombre, scritte nella Lingua Antica di Ulgrotha.


Ombra del Dubbio | Greg Staples
Ombra del Dubbio | Greg Staples

Il giovane sacerdote iniziò a tremare visibilmente, ed indietreggiò all’avvicinamento degli scarabocchi arcani.

 

“Io non ho ucciso quelle persone” disse Davriel. “Mi servivano bene. Ma la tua accusa ha avuto gravi conseguenze. Chiunque ci sia veramente dietro tutto questo ti ha usato come diversivo. Quindi, rispondi alle mie domande. Com’era fatta questa persona?

 

“Era… era più bassa di voi” sussurrò Edwin. “E anche più magra, penso. Ero… ero così certo che foste voi…” I suoi occhi si spalancarono ancora di più man mano che le lettere strisciavano verso di lui. “Angelo Senza Nome, perdonami!”

 

Si voltò e fuggì.

 

Davriel osservò il giovane andare via, abbassando la mano e spegnendo la piromanzia. Non lo poteva dare per certo, ma il suo istinto gli diceva che questo Edwin non era un genio criminale sotto copertura. Aveva assistito ad un attacco sulla strada, probabilmente progettato intenzionalmente perché avesse un testimone. Anzi, era molto probabile che l’attacco ai genitori di Tacenda avesse lasciato in vita la sorella per lo stesso motivo: così che lei potesse fuggire e dire a tutti ciò che aveva visto.

 

Era possibile che chiunque avesse architettato tutto questo sapesse che delle sparizioni improvvise avrebbero fatto spargere delle voci, inducendo i cacciatori ad indagare? Il vero scopo dei primi attacchi potrebbe essere stato quello di fornire una copertura, spostando tutta l’attenzione su Davriel.

 

Più basso di me, pensò Davriel. Lui era alto quasi un metro e ottanta. E più magro. Ma quello non significava molto, perché grazie al suo mantello la gente di solito lo vedeva più grande di quanto non fosse in realtà.

 

“Avete finito?” chiese una voce dietro di lui.

 

Davriel si voltò, trovando la priora in piedi sulla soglia della sua stanza. Con quella pelle raggrinzita e lo chignon di capelli argentati, era invecchiata come una vecchia sedia trovata in una soffitta: la logica ti dice che un tempo doveva per forza essere nuova, ma in realtà hai grossi problemi ad immaginarti che fosse mai veramente andata di moda. Una semplice veste bianca copriva il suo corpo, e le sue labbra erano ferme in una contrizione continua.

 

“Smettila di minacciare i miei sacerdoti” disse lei. “Sei qui per me. Se devi reclamare un’anima, reclama la mia. Se ci riesci.”

 

“Avrò sicuramente la mia vendetta per ciò che mi sei costata, vecchia” disse Davriel.

 

La guardò negli occhi, e si fissarono a vicenda per un buon periodo di tempo. Dall’altro lato del corridoio, dove monaci e sacerdoti si erano accalcati per osservare, si potevano udire dei sussurri preoccupati.

 

Infine, la priora fece un passo indietro ed invitò Davriel ad entrare nella piccola stanza. Lui entrò sbattendo i piedi e, chiudendo la porta con un calcio, gettò via la spada.

 

Poi si accasciò sulla sedia dietro la scrivania. “Noi” sbottò rivolto alla priora, “avremmo dovuto avere un accordo, Merlinde.”

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