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La Tempesta Incombente - Capitolo 6


L’aeronave sussultò quando le morse dell’ormeggio si aprirono, poi ondeggiò di lato a causa di una raffica di vento e decollò lentamente nel cielo di metà pomeriggio.

 

Ral era abbastanza vecchio da vedere il traffico di aeronavi come una novità, anche se ormai faceva parte del panorama di Ravnica da diversi anni. Quando si era trasferito nel Decimo Distretto, le uniche navi appartenevano alle forze armate delle gilde. Ora, vascelli come quello su cui viaggiava portavano la gente in alto per godersi la vista della città dal cielo, girando lentamente intorno ai monumenti come il Nuovo Prahv e Orzhova. Ma anche altre figure volanti sfrecciavano lontano dalla rotta della pesante nave turistica: soldati Boros in groppa ai loro roc, gargoyle, insetti giganti e gli ormai ubiqui totteri di sorveglianza.

 

Il ponte dell’aeronave era pieno di panchine, ma quasi tutti i passeggeri stavano in piedi appoggiati alle ringhiere, sporgendosi il più possibile ed indicandosi a vicenda ciò che riuscivano a scorgere. La nave era piena zeppa di persone che non vedevano l’ora di sfruttare un’altra breve pausa dalla pioggia, sotto quelle interminabili nubi uggiose. Molti erano visitatori di distretti più esterni, riconoscibili all’interno del Decimo per colpa del loro abbigliamento più formale e scialbo. Il Decimo era il centro delle attività più importanti di Ravnica, e ciò si rifletteva nell’architettura più imponente, nei mercati più pieni e nel traffico nelle strade più rumoroso. A Tovrna, dov’era cresciuto Ral, passavano interi giorni senza che vedesse nessuno di diverso da un umano; lì nel Decimo le folle erano piene di elfi, vedalken, viashino, minotauri, lossodonti, centauri e quant’altro. Ral osservava le famiglie extra-distrettuali, con i genitori e i figli vestiti a festa che fissavano inebetiti le meraviglie del Decimo, e pensò a che cosa stessero provando.


Pianura | Richard Wright
Pianura | Richard Wright

Un’ombra lo coprì, e lui alzò lo sguardo, ritrovandosi di fronte Lavinia che lo guardava corrucciata da sotto il cappuccio.

 

“Non sei molto vigile” disse lei.

 

“E tu sei in ritardo.”

 

“Ho dovuto aspettare finché non avessimo superato i totteri spia.” Si sedette di fianco a lui, stringendosi nel cappotto. “Di solito le nuvole li rendono ciechi rispetto a ciò che si muove nell’aria. Con queste schiarite non è un giorno ideale.”

 

Ral fece spallucce. A volte pensava che Lavinia fosse fin troppo paranoica, mentre altri giorni si chiedeva se fosse lui a non essere abbastanza paranoico.

 

“Parlami di Vraska” disse lui.

 

“È una gorgone, ovviamente. Alcune di loro sono tra le fila dei Golgari, anche se sono asociali e non girano spesso in gruppo. Apparentemente, Vraska all’inizio era un lupo solitario e non era un membro di gilda ufficiale. Questo non impedì agli Azorius di prelevarla insieme a tutte le altre durante le Epurazioni di Fine del Crepuscolo, circa vent’anni fa.”

 

Ral trasalì. “Penso che non provi molta simpatia per i tuoi ex compagni di gilda.”

 

“E la cosa peggiora. Sai chi era l’ufficiale in giudizio per il suo caso?”

 

“Isperia” suppose Ral.

 

Lavinia annuì. “Per Vraska e per qualche altro migliaio di persone, ovviamente. Isperia non era ancora capogilda, ma era comunque una giudice di alto rango. Dubito che abbia rimuginato più di un minuto sul caso di Vraska, ma…”

 

“Già.” Ral scosse la testa. “Bè, è lei che ha chiesto di incontrarmi, quindi magari non è una che porta rancore.” Da ciò che gli aveva riferito Beleren, era solo una vana speranza. “Com’è fuggita dal campo di prigionia?”

 

“Come al solito, la documentazione Azorius è scrupolosa. Non fuggì con alcun mezzo conosciuto, non morì e non venne rilasciata. Per quanto ne sanno, si limitò a sparire.” Lavinia abbassò la voce. “Ho scavato un pochino negli archivi, ed una delle guardie della prigione testimoniò che ci fosse in corso una sanzione d’ufficio per colpa di una qualche infrazione, e ad un certo punto lei svanì nel nulla.” Lavinia fece una pausa. “Sanzione d’ufficio significa-”

 

“Venire pestati.” Gli occhi di Ral si spalancarono. “Dev’essere stato quello il momento nel quale la sua scintilla di Planeswalker si innescò. È facile che accada in una situazione di alto stress. Venire pestati da delle guardie di un campo di prigionia rientra sicuramente in questa categoria.”

 

“Interessante.” Sembrò che Lavinia si fosse annotata quell’informazione per poterla sfruttare in futuro. “Comunque sia, torna alla ribalta qualche anno più tardi, lavorando direttamente per i Golgari come assassina. È ricercata dagli Azorius per diversi crimini, ma non siamo mai riusciti a catturarla. Al tempo non era la nostra massima priorità.” Lavinia si fermò. “Poi, circa sei mesi fa, sparì di nuovo. Perfino i suoi collaboratori non sembrano sapere dove fosse.”

 

“Su un altro piano” mormorò Ral.

 

“Molto probabile. Se è così, è tornata solo recentemente, e la prima cosa che ha fatto è stata organizzare un golpe contro Jarad, il vecchio capogilda dei Golgari. Può contare sull’appoggio dei kraul, il popolo insettoide, e di una qualche legione di non morti.” Lavinia scrollò le spalle. “I golpe sono quasi una routine all’interno dello Sciame, chiaramente, ma i miei contatti si sorpresero di quanto lo sviluppo di quest’ultimo sia stato rapido. Tutti pensavano che gli elfi oscuri avessero il potere ben saldo tra le loro mani.”

 

“Mi sembri sospettosa.”

 

“Sono sempre sospettosa.” Lavinia lasciò trasparire un piccolo sorriso. “Ma lei corrisponde al profilo degli agenti di Bolas. Solitamente sono persone ambiziose che improvvisamente si ritrovano in posizioni di potere, grazie ad un qualche aiuto da dietro le quinte.”

 

Mi sembra proprio il Bolas che conosco. Sono sicuro che anch’io sarei diventato così, se avessi accettato l’offerta di Tezzeret. “Pensi che Vraska stia lavorando per Bolas.”

 

“Penso che sia una concreta possibilità” disse Lavinia. “Non ha ancora inviato corrispondenza a nessuno degli altri agenti noti, quindi non posso provarlo. Ma…” Alzò le spalle. “Se l’obiettivo di Bolas è sabotare il vertice delle gilde, fare in modo che il maggior numero possibile di capigilda sia dalla sua parte mi sembra un ottimo modo per farlo.”

 

Ral annuì tristemente. “Hai controllato quello che ti ho inviato ieri?”

 

Aveva scritto una breve sintesi di ciò che era accaduto ai Selesnya, compreso lo strano comportamento di Garo, e aveva fatto lasciare la missiva in uno dei punti di scambio da un suo assistente. Lavinia annuì cautamente.

 

“Ovviamente è un bene che tu sia riuscito a fermarli” disse Lavinia. “Per quanto riguarda Garo…”

 

“Parlava come se fosse lui Bolas.” Ral scosse la testa. “Bolas può camuffarsi in forma umana, ma se fosse stato davvero lui, non avremmo avuto nemmeno la possibilità di avvicinarci. E Emmara ha confermato che l’uomo morto in quel luogo fosse veramente lo stesso Maestro della Radura Garo che conosceva da decenni, e non qualche tipo di sostituto o polimorfo.”

 

“Magia mentale, forse?” disse Lavinia. “Se Bolas sta lavorando con Lazav, avrà sicuramente accesso alla sua competenza. Forse hanno piegato Garo al loro volere.”

 

“Piegarlo così tanto da credere di essere Bolas lui stesso? Non ha molto senso.”

 

Lavinia alzò le spalle. “Forse è stato soltanto un bluff per spaventarti.”

 

“Forse” disse Ral. “Vedi se riesci a scoprire qualcosa di più su quello che è accaduto a Garo. Quel tipo di magia mentale non è semplice. Avrebbero dovuto essergli particolarmente vicini.”

 

“Ci sto già lavorando” disse Lavinia. “In qualche modo Bolas sta dando ordini ai suoi agenti su Ravnica. Se riusciamo a scoprire come faccia e riusciamo a fermarlo, sarà di grande aiuto per rovinare il suo piano.”

 

“Giusto.” Ral la guardò con la coda dell’occhio. “Grazie, comunque. Per l’avvertimento, e per il tuo aiuto.”

 

“Oh.” Lavinia sembrò leggermente sorpresa da quell’apertura. “Sto sempre facendo il mio lavoro. Difendere il Patto delle Gilde e Ravnica.”

 

“Grazie comunque.”

 

Lei si passò nervosamente una mano tra i corti capelli castani. “Figurati.” L’aeronave stava scendendo di quota, e Lavinia si alzò. “È meglio che vada, prima che i totteri posino i loro occhi su di noi. Buona fortuna con Vraska.”

 

“Buona fortuna anche a te. E stai attenta.”

 

“Sempre.” Lo salutò con un rapido cenno della testa, per poi camminare verso il retro della nave.

 

Ral fissò verso il basso le vie di Ravnica, mentre dei bambini gridavano tra loro appesi alla ringhiera. Alla fine il vascello si riposizionò nella sua base, e le morse dell’ormeggio si agganciarono con un clunk. Lui si alzò quando i turisti iniziarono a fluire verso la rampa.

 

Bene. Ora vediamo cos’ha da dire la regina dei Golgari.



“Avevi detto che potevo osservare!” disse Hekara. “E vuol dire che non puoi gironzolare senza di me, capito? Altrimenti potresti complottare contro Sua Palla-di-fuocosità, e a lui non andrebbe a genio.”

 

“Certe cose sono troppo delicate perché ci siano osservatori” disse Ral. “E altre cose sono troppo personali. Ma ora sei qui, giusto?”

 

“Suppongo di sì.” Hekara guardò irritata il cielo, che stava tornando nuvoloso dopo la scomparsa degli ultimi raggi di sole. Qualche goccia di pioggia stava già sporcando il ciottolato. “Sarebbe stato fico se fosse rimasto sereno.”

 

Ral mosse una mano, ed il suo incantesimo anti-pioggia aumentò di portata, allontanando le gocce da Hekara. Lei alzò lo sguardo, poi lo rivolse raggiante verso di lui.

 

“Grazie!” disse lei, dandogli un inaspettato pugno sulla spalla. “Siamo compagni, noi due!”

 

“Ti ho già detto…” Sospirò mentre si affrettava a imboccare la curva successiva. Oh, vabbè.

 

Girando l’angolo, si ritrovò improvvisamente dinanzi al Crepaccio Dyflin, un’enorme spaccatura nel terreno che interrompeva bruscamente la struttura urbana di Ravnica. Le case sul bordo dell’abisso sporgevano pericolosamente verso il vuoto, sbalzandosi sempre più in là per sfruttare al massimo lo spazio edificabile gratuito. A Ral ricordavano molto un nido di vespe costruito su una trave. A quell’ora tarda, il crepaccio non era altro che oscurità, un vuoto nella rete di luci ed insegne, il cui luccichio si poteva intravedere sull’altra sponda. In mezzo si trovava il Ponte del Folle, un sottile filo quasi indistinguibile dalle ombre che lo avvolgevano.


Palude | Yeong-Hao Han
Palude | Yeong-Hao Han

Il Ponte del Folle era una storia di avvertimento che gli architetti raccontavano ai propri apprendisti. Dopo più di diecimila anni di costruzioni e ricostruzioni, quasi tutte le strutture di Ravnica non erano più erette sulla salda terra, ma sui resti crollati dello strato precedente, la città diroccata che si estendeva sotto di loro grazie a fondamenta, sotto-fondamenta, rovine e cortili coperti, fino ad arrivare alle profondità del sottosuolo. Ogni tanto, le macerie si spostavano, come un gigante che si rigira nel sonno, ed alcune case illuminate dal sole si ritrovavano una delle pareti scesa improvvisamente di mezzo metro, o che formava strani angoli con il resto della casa.

 

E questo era accaduto al Ponte del Folle il giorno stesso che sarebbe dovuto essere aperto al pubblico. Era una struttura lunga e sottile, costruita dal Senato in giorni più calmi come opera pubblica per facilitare il traffico da una sponda all’altra del Crepaccio, diminuendo l’affollamento di altre strade. Alcuni affermavano che gli appaltatori avessero eseguito un lavoro sotto gli standard per poter guadagnare di più, altri che il ponte fosse stato sabotato come conseguenza di una diatriba interna agli Azorius; il processo risultante aveva impegnato il Senato per diversi anni dopo l’accaduto. Tuttavia successe: appena prima della cerimonia d’inaugurazione, il terreno sotto ad un supporto del ponte crollò improvvisamente, facendo torcere la campata come un fiocco. Enormi pezzi di roccia si erano spezzati, schiantandosi nelle profondità del crepaccio. L’intera struttura sarebbe dovuta crollare da un momento all’altro, ed una folla si era radunata per osservare tale evento, pronta ad esultare davanti ad un bel disastro.

 

Ma, incredibilmente, il ponte aveva retto. Quando divenne chiaro che non sarebbe caduto, la folla se ne tornò a casa, il Senato dichiarò l’intera area non sicura e se ne lavò le mani. Decenni dopo, il Ponte del Folle era ancora in piedi, inclinato di circa dieci gradi verso destra e senza grandi blocchi di pietra da entrambi i lati, come se fosse stato mangiucchiato da dei giganti. La carreggiata rimasta era troppo stretta per farci passare un carro, e c’era sempre la possibilità che un qualsiasi carico troppo pesante potesse essere la pagliuzza che avrebbe spezzato la schiena del drago, quindi le persone sane di mente se ne stavano a debita distanza. Questo lo rendeva un ottimo luogo per incontrarsi senza essere notati.

 

E suppongo che sia comodo per i Golgari. Era ben noto che le profondità del Crepaccio si connettessero al regno sotterraneo dei Golgari. I bambini del posto mettevano alla prova il proprio coraggio “facendo piovere sui Golgari”, ossia andando al centro del ponte, dov’era più inclinato, e fare pipì nel vuoto. Ral si fermò all’inizio del ponte, osservando il lungo lembo di pietra tenuto insieme solamente da un po’ di malta e dalla forza dell’abitudine. È proprio il Ponte del Folle.

 

“Forza!” Hekara corse sul ponte. “Non vorrai mica far tardi?!”

 

Ral fece spallucce. Se è stato in piedi fino ad ora, starà in piedi un altro paio d’ore. Camminò sulla pietra inclinata, piegandosi a sinistra per compensare l’angolazione, sentendo uno strano pizzicorio di vuoto sotto i suoi piedi. Fece del suo meglio per ignorarlo. Anche con dei pezzi mancanti, il ponte rimasto era piuttosto largo. Ti dà soltanto la sensazione di cadere.

 

Hekara aveva rallentato ad un centinaio di metri di distanza, e mentre si avvicinava Ral riuscì a vedere due figure in attesa sotto la pioggia. Una era umanoide, piegata sotto un pesante mantello. L’altra era una creatura a sei zampe grossa quasi quanto un pony, coperta di piastre difensive di chitina. Era di un colore bianco sbiadito e malaticcio e, nonostante la sua stazza, era leggermente accucciato dietro l’umanoide, come se gli fornisse protezione.

 

Ral raggiunse Hekara, che si era fermata e stava fissando l’insetto, affascinata. Lui salutò con la mano, estendendo il suo incantesimo della pioggia anche agli emissari Golgari. La figura incappucciata si raddrizzò, poi abbassò il cappuccio. Aveva un’espressione dura, occhi giallo brillante, e lunghi tentacoli neri al posto dei capelli, che vibravano di propria volontà come fossero serpenti. Vestiva un’armatura di cuoio attillata e portava una sciabola alla cintola.

 

Hekara fischiò. “Bene. Ma guarda che bel bocconcino.”

 

Ral le lanciò un’occhiata. “La gorgone?”

 

“Sì.” L’emissaria Rakdos alzò le sopracciglia in modo allusivo. “Quei cosetti che si muovono. Non ti viene voglia di afferrarli?”

 

“Le gorgoni hanno la pessima abitudine di pietrificare i propri amanti quando si stancano di loro, sai?”

 

“Nessun problema. Dovrò essere inventiva, allora! Fico.”

 

“Stai zitta, ti prego” disse Ral, mentre Vraska si avvicinava.

 

“Mastro Zarek” disse lei, con una voce sorprendentemente piacevole. “Temo di non conoscere la vostra accompagnatrice.”

 

“Regina Vraska” disse Ral. “Questa è Hekara, dei Rakdos.”

 

Molto piacere di conoscervi” disse Hekara, con un inchino.

 

“Solo Vraska va bene” disse la gorgone. “Regina è un po’ un’ostentazione.” Fece un gesto indicando il suo accompagnatore insettoide. “Questo è Xeddick, il mio consigliere.”

 

“Mi ha sorpreso ricevere il vostro… messaggero” disse Ral. “Mi era parso di capire che tutti i nostri tentativi di invitarvi al vertice fossero stati rifiutati.”

 

Vraska sorrise leggermente, mostrando degli affilati denti appuntiti. “Temo di non aver reagito bene alle suppliche degli Azorius.”

 

“Comprendo che abbiate dei trascorsi.”

 

“Voi non comprendete nulla” sbottò Vraska. Poi fece una pausa, cercando visibilmente di calmarsi. “Mi dispiace. Recentemente ho ricevuto alcune rivelazioni che mi hanno resa… meno certa delle mie azioni.”

 

“Perché avete voluto incontrarci qui?” disse Ral. “Se avete intenzione di venire al vertice, sarebbe stata sufficiente una risposta scritta.”

 

“Vi sareste fidato di me se mi fossi presentata al vostro vertice all’ultimo minuto?”

 

“Probabilmente no. Un mio collega pensa che stiate lavorando per Bolas.”

 

“Il vostro collega è molto perspicace” disse Vraska.

 

Ral alzò un sopracciglio. “Come, scusate?”

 

“Io sto… io stavo… compiendo il volere del drago.”

 

“Capisco.” Ral allungò le dita, percependo l’energia che le stava pervadendo. Indossava il suo accumulatore, completamente carico, ed i suoi bracciali erano ben stretti sotto le maniche del suo cappotto. “Allora mi vedo costretto ad accertarmi delle vostre intenzioni.”

 

Vraska sorrise di nuovo, con un’espressione leggermente provata. “Temo che siano cambiate molto di recente. È una lunga storia.”

 

“Posso ascoltare.”

 

“Quanto conoscete bene Jace?”

 

Beleren. Ral digrignò i denti. Anche quando non è qui, deve sempre essere al centro di tutto. Si diede qualche momento prima di rispondere. “Piuttosto bene.”

 

“Lo incontrai su un piano chiamato Ixalan. Diventammo… amici, per qualche strano motivo. Io mi trovavo lì per conto del drago, ma trovai molto di più. Io…” Scosse la testa. “Non mi aspetto che voi mi capiate.”


Viaggio Pericoloso | Wesley Burt
Viaggio Pericoloso | Wesley Burt

“Cosa ci faceva lì Beleren? Lui è il Patto delle Gilde Vivente. Dovrebbe essere qui, ad aiutarci con questa situazione.”

 

“Non conosco ancora tutta la storia. Ma Jace ed io scoprimmo che lo scopo ultimo di Bolas era quello di arrivare qui, su Ravnica, con l’intenzione di conquistarla. Possiede un esercito di campioni non morti che potrà aiutarlo.”

 

“Questa è una novità” mormorò Ral. “Se stavate lavorando per lui…”

 

“Mi promise la guida dei Golgari” disse Vraska. “Non mi disse che aveva intenzione di schiacciare tutta Ravnica coi suoi artigli. Jace mi aiutò a farmi capire che dovevo fermarlo.”

 

“Allora perché avete rifiutato il nostro invito?”

 

“Perché io dovevo incontrare nuovamente Bolas prima di tornare su Ravnica. Se avessi avuto l’intenzione di tradirlo, lui l’avrebbe potuto vedere nella mia mente. Quindi chiesi a Jace di… cambiarmi. Il nostro piano originale prevedeva che sarebbe dovuto essere lui a sciogliere la magia, ma il mio amico Xeddick ha trovato i ricordi bloccati.”

 

È la verità, disse una voce direttamente all’interno della mente di Ral. Ho sbrogliato l’opera di Jace. Lui è un maestro, molto più abile di me, ma aveva lasciato quei ricordi in modo che potessero essere restituiti ad amica-Vraska.

 

“Ooh” disse Hekara, grattandosi la tempia. “Pizzica.”

 

“Quindi siete tornata qui pronta a compiere il volere del drago” disse Ral. “Poi l’insetto vi ha frugato nella mente e avete cambiato idea?”

 

“Capisco che possa sembrare improbabile” disse Vraska.

 

“Nulla è probabile quando c’entra Beleren” disse Ral. “Ma è sicuramente convenientemente comodo. Come posso fidarmi di voi?”

 

Ci fu una lunga pausa.

 

“Non saprei” disse Vraska. “Anch’io mi sono chiesta la stessa cosa molte volte. Ecco perché mi sono sforzata di essere… onesta con voi. Ma devo ammettere che io, nella vostra posizione, non donerei la mia fiducia così facilmente.” Lei scosse la testa. “Tutto quello che posso dirvi è che desidero sconfiggere Bolas e proteggere il mio popolo.”

 

“Fico!” disse Hekara. “Allora possiamo essere compagne.”

 

“Compagne?” chiese Vraska, con aria interrogativa.

 

“Hekara” disse Ral. “Osservare.

 

“Okay” disse Hekara, sgarbatamente.

 

Ral disse a Vraska: “Dovrò pensarci. Se avete intenzione di portare i Golgari al vertice, di sicuro è un inizio. Ma…”

 

“Capisco.” Vraska si lasciò sfuggire un sospiro frustrato. “Se posso offrire assistenza in altri modi, vi prego di dirmelo. Mi piacerebbe avere la possibilità di… dimostrarmi degna di fiducia.”

 

Ral annuì. “Mi farò sentire.”

 

“Come desiderate.” La gorgone fece un cenno a Xeddick, e i due si voltarono.

 

“Spero che ci vediamo presto!” gridò Hekara. Ad uno sguardo di Ral, lei fece spallucce. “Che c’è? Lei mi piace. E l’insetto è carino.”

 

Ral dovette ammettere che la compostezza di Vraska fu notevole. Ma questo la rende solamente una bugiarda più brava. Ed ora che si fa?



La risposta a quella domanda arrivò non appena tornarono tra le vie della città. Un messaggero dal cappotto rosso stava aspettando sotto la gronda di una locanda vicina, e si affrettò a raggiungere Ral nel momento in cui scese dal Ponte del Folle.

 

“Mi hanno riferito che sareste andato là, signore, e io ho pensato di aspettarla e scoprire se avrei potuto assistere al suo ritorno.” Il giovane uomo si inchinò e porse un foglio di carta piegato. “Le porgo i miei complimenti, signore. Il mittente ha detto che era urgente.”

 

Ral dispiegò la pagina. Su questa non c’erano protezioni o sigilli magici, solo qualche riga scritta da una mano particolarmente familiare.

 

Ral -

 

Ho bisogno di parlarti, il prima possibile. Affari di gilda. Mi trovi all’appartamento.

 

Tomik

 

La piegò di nuovo, la infilò in tasca e si voltò verso Hekara.

 

“Torna al Nivix. Devo occuparmi di una cosa.”

 

“Ohh.” Lei inclinò le labbra. “Pensavo di dover osservare!”

 

“Sono affari personali.”

 

“È la stessa cosa che hai detto stamattina!”

 

“Hekara, vai.”

 

Fece un cenno stizzito. “Sarà meglio che non ti diverti troppo senza di me.”

 

“Te lo prometto.”

 

C’era un po’ di strada per tornare all’appartamento dal crepaccio, quindi Ral fece fermare un risciò guidato da un robusto centauro e si sedette sul sedile mentre la creatura iniziava a trottare al piccolo galoppo, facendosi strada in mezzo al traffico notturno. Il suo guidatore scambiava delle amabili volgarità con gli altri veicoli e con i pedoni più agitati, ma Ral lo ignorò. La sua mente era altrove.

 

Affari di gilda. Dice davvero? Sarebbe potuto essere uno scherzo, ma Tomik non era uno che aveva quel tipo di umorismo. È preoccupato per me? Arrabbiato perché è da un po’ che non ci vediamo? Il vertice gli aveva portato via quasi ogni istante del suo tempo, effettivamente. Tomik però lo capisce. Anche lui ogni tanto scompare per giorni interi.

 

La corsa sembrava non finire mai. Quando finalmente si fermarono, Ral lanciò una manciata di monete al centauro e salì le scale due gradini alla volta, prendendosi qualche secondo per ricomporsi una volta raggiunta la porta. Si passò una mano tra i capelli, ripristinando la sua acconciatura con un crepitio di elettricità.

 

La porta era aperta. Ral la spinse per ritrovarsi Tomik che camminava avanti e indietro davanti al divano, continuando a togliersi gli occhiali per pulirli e rimetterseli nuovamente addosso. C’è decisamente qualcosa che non va.

 

“Tomik?”

 

Tomik si bloccò, come un topo quando vede un gatto. Ral chiuse la porta dietro di lui con un calcio e si affrettò a raggiungerlo.

 

“Tomik, che Krokt sta succedendo?” disse lui. Cercò di mettere la mano sulla spalla di Tomik, ma il giovane uomo la respinse. “Stai bene?”

 

“Sto bene.” Tomik fece per togliersi gli occhiali, ci pensò su, e poi decise di infilare le mani in tasca.

 

“È successo qualcosa?” Affari di gilda. “Sono stato fuori, se ci sono delle novità.”

 

“Non è ancora successo niente. Io…” Lui scosse la testa. “Ho paura.”

 

“Perché?” Ral cercò di catturare lo sguardo del suo amante.

 

“È-” Tomik respirò profondamente, si sistemò le spalle, ed infine guardò Ral negli occhi. “Questo. Quello che abbiamo qui. La nostra relazione.”

 

Oh, dannazione. Ral si sentì istintivamente teso. “Che cos’ha?”

 

“È... bello.” La mascella di Tomik tremò. “Molto bello. Penso…” Scosse nuovamente la testa. “È molto importante per me, e ho paura di stare per mandare tutto all’aria.”

 

“Tu stai per mandare tutto all’aria?” disse Ral.

 

Tomik annuì in modo deciso.

 

“Perché vuoi parlare con me degli affari di gilda?”

 

Annuì un’altra volta.

 

Oh, Tomik. Ral sentì una distensione nel suo petto. Si avvicinò, e questa volta Tomik accettò di essere abbracciato. Ral riusciva a percepire la tensione lungo la schiena del suo amato, dritta come la lama di una spada.

 

“Andrà tutto bene” disse Ral, a bassa voce. “Non manderai tutto all’aria.”

 

“Non sai nemmeno cosa sto per dirti” sussurrò Tomik.

 

“Non importa. Io so chi sei.” Ral si allontanò leggermente da Tomik e lo baciò. “Non parlare degli affari di gilda era una buona regola all’inizio, ma forse siamo cresciuti un po’ per quello. Io mi fido di te, Tomik.”

 

“Io…” Tomik deglutì con forza, e baciò nuovamente Ral. Per un po’ rimasero in piedi, in silenzio, guancia contro guancia. “Grazie.”

 

“Ora dimmi” disse Ral.

 

“Ho bisogno del tuo aiuto” disse Tomik. “O meglio, Teysa ha bisogno del tuo aiuto. La elimineranno se non cambia nulla.”

 

“Va bene” disse Ral. “Cosa posso fare?”

 

“Ho bisogno che attacchi Orzhova.”

 

Ral alzò un sopracciglio. “Forse è meglio che tu parta dal principio.”



“Ormai è da mesi che hanno rinchiuso Teysa in una cella” disse Tomik. Era riuscito a calmarsi, in qualche modo, e si erano seduti uno di fianco all’altro sul divano a bere del tè dalle loro tazze abbinate. “Ha sempre tentato di respingere il Concilio Fantasma, e alla fine loro si sono stancati.”

 

“E pensi che vorranno ucciderla?”

 

“Peggio” disse Tomik disperato. “La estingueranno. La uccideranno all’interno di un incantamento che le impedirà di risorgere come fantasma. Per un membro della famiglia Karlov, è la punizione definitiva.”

 

Era strano pensare ad una famiglia nella quale non risorgere come spirito vendicativo fosse considerata una punizione, ma Ral si limitò ad annuire. “E questa mercenaria?”

 

“Kaya. Teysa si è messa in contatto con lei tramite una sua conoscenza. A quanto pare ha il potere di distruggere i fantasmi. Ma le catacombe sono difese fin troppo bene. Abbiamo bisogno di qualcosa che allontani le guardie, senza che l’atto possa essere attribuito a Teysa.” Tomik guardò Ral di traverso. “So che gli Orzhov non hanno accettato di unirsi al tuo vertice delle gilde.”

 

“Perché sembra che tutti sappiano tutto delle mie questioni private?” borbottò Ral. “Non rispondere. Hai ragione, hanno rifiutato qualsiasi approccio, sia da me, che da Isperia o perfino Niv-Mizzet.”

 

“Se Kaya avrà successo, Teysa erediterà la guida degli Orzhov. È pronta a garantirti che accetterà l’invito in cambio del tuo aiuto.” Tomik sembrava nervoso. “Mi sembra un buon affare per entrambi. Non verrei di certo a supplicare di aiutarci se non pensassi che-”

 

“Tomik, lo so” disse Ral. “Va tutto bene. Davvero.”

 

“Davvero?”

 

“Davvero.”

 

Tutta la tensione abbandonò Tomik, lasciandolo rilassato. Sprofondò sul bracciolo del divano. “Questa conversazione… è andata meglio di quanto mi aspettassi.”

 

“Detto ciò” continuò Ral, “potrebbe non essere così facile.”

 

“Qual è il problema? Pensi che Niv-Mizzet non te lo permetterebbe?”

 

“No, non avrebbe nulla da ridire. Ma per poter generare del vero caos nella cattedrale, avremmo bisogno di una forza piuttosto numerosa.”

 

“Pensavo che tu avessi tutta l’autorità necessaria.”

 

“Sì.” Ral fece una smorfia. “Ma nascondere un segreto agli Orzhov è praticamente impossibile con così tante persone. Verrebbero sicuramente a saperlo, e quindi sarebbero pronti alla nostra offensiva. E anche se ci riuscissimo, ci sarà comunque una guerra tra gilde, ed ora è l’ultima cosa che vogliamo.”

 

“Dannazione” disse Tomik. “Hai ragione.”

 

Io, però, posso aiutare” disse Ral, stringendo la mano di Tomik.

 

“Ti prego di non attaccare la cattedrale per conto tuo” disse Tomik.

 

“Sono sicuro che anche Hekara si unirebbe a noi” disse Ral, con un ghigno assente. Stava rimuginando.

 

“Chi è Hekara?”

 

“Dovrò presentartela. Ti piacerà. Forse.”

 

Il problema è la burocrazia. Sarebbe stato facile se a Ral fosse bastato dare l’ordine di assemblare una squadra d’assalto. Ma gli Izzet, anche se non come gli Azorius, erano stracarichi di gerarchie, riunioni e commissioni. Anche con l’autorità di Niv-Mizzet a suo favore, qualsiasi ordine impartito da Ral sarebbe dovuto essere diffuso attraverso centinaia di canali, e le possibilità che trapelasse nella rete di spionaggio Orzhov, seconda solo a quella dei Dimir, erano molto alte.

 

Se ci fosse un altro modo per radunare le truppe di cui abbiamo bisogno…

 

Un pensiero audace si fece strada nella sua testa.

 

“Tomik” disse Ral. “Riesci ad organizzare un incontro con Kaya? Potrei avere un’idea.”



Vraska correva nell’ombra.

 

Gli abitanti della superficie raramente prestavano attenzione a ciò che succedeva sopra le loro teste. Aveva usato i tetti del Decimo Distretto come strada privata nel suo passato da assassina, affidandosi all’oscurità e alla velocità per nascondere il suo passaggio alle pattuglie dei cavalieri dei cieli Boros. Ora i nuovi totteri degli Azorius erano una nuova minaccia, ma la maggior parte erano concentrati attorno al Nuovo Prahv, ed erano ostacolati dalla fitta pioggia. Vraska aveva sempre adorato le piogge autunnali. Le rendevano molto più semplice sparire.

 

La sua mente era ancora un groviglio, nonostante fossero passati diversi giorni da quando Xeddick aveva sbloccato i suoi ricordi nascosti. Stare lassù, col suo scialbo vestito nero col cappuccio, la faceva sentire come se fosse nuovamente piombata nella sua vecchia vita. Pedinare la preda attraverso la città, attendere il momento giusto per colpire e reclamare un nuovo trofeo per la sua parete. Aveva ucciso senza pietà né problemi di coscienza gli Azorius, i nemici dei Golgari e chiunque altro le intralciasse la strada.

 

Contemporaneamente, ora poteva ricordarsi di stare alla luce del sole, sul ponte della Belligerante. Circondata dalla sua ciurma, un gruppo di mostri e disadattati, senza il bisogno di cappucci o dell’oscurità per nascondere ciò che era al mondo intero. Lì si era guadagnata un posto grazie alle sue capacità. E quando Jace si era unito a lei-

 

Pensare a Jace per poco non le fece mancare un salto verso l’edificio successivo. Furiosa, Vraska rigettò quel pensiero e si costrinse a concentrarsi sulla missione attuale.


Avvelenatrice Assoldata | Joe Slucher
Avvelenatrice Assoldata | Joe Slucher

Non era l’unica che utilizzava quelle strade segrete. Tutti i ladri, le spie e gli assassini del Decimo Distretto conoscevano quei percorsi, e ogni tanto riusciva a scorgere qualcun’altro che si muoveva veloce e silenzioso quanto lei. Esisteva un’intesa tra i corridori dei tetti, e solitamente ognuno si faceva gli affari propri, ma non sempre. Quella notte, c’era davvero qualcosa che non andava. Aveva già oltrepassato due corpi, entrambi vestiti con le tuniche blu dei maghi mentali Dimir, accasciati in pozze di sangue così che potessero essere facilmente ritrovati la mattina seguente. Qualcuno vuol far passare un messaggio molto forte. Non aveva idea di chi o perché, ma non voleva averci niente a che fare.

 

Quando raggiunse l’edificio indicato da Ral, lo trovò in piedi sul tetto, vicino alle scale, con una lanterna ai suoi piedi che proiettava un debole bagliore. Con lui c’era l’emissaria Rakdos, Hekara, che aveva incontrato al ponte. Vraska non aveva ancora deciso se la ragazza fosse una sciocca o facesse solo finta di esserlo… probabilmente entrambi, conoscendo la leggendaria imprevedibilità del demone di fuoco. Vraska uscì dalle ombre ben lontana dalla coppia, così da non allarmare nessuno, e salutò con un piccolo inchino.

 

“Zarek” disse lei. “Hekara. Spero che voi capiate il rischio che sto correndo a venire qui.” Molti abitanti della città non reagivano molto bene alla vista di una gorgone.

 

“Lo capiamo” disse Ral. “Vi ringrazio.”

 

“Quindi?” Vraska incrociò le braccia. “Avete detto di avere l’opportunità per dimostrarvi di essere degna di fiducia. Per poter sconfiggere Bolas, sono disposta ad accettare. Di cosa avete bisogno?”

 

“Solo un attimo. Stiamo aspettando un’altra persona.”

 

Una luminescenza viola pervase una zona del tetto vicino a Ral, ed una giovane vi si arrampicò attraverso, come se avesse la stessa consistenza della nebbia. Era scura di carnagione, capelli neri e crespi, ed indossava una tenuta in cuoio da ladra con un paio di lunghi pugnali ai fianchi. Tirando su le gambe, balzò in piedi, osservando gli altri tre con palese curiosità.


Kaya, Assassina Fantasma | Chris Rallis
Kaya, Assassina Fantasma | Chris Rallis

 

“Tu devi essere Kaya” disse Ral. “Io sono Ral Zarek.”

 

“L’avevo intuito” disse Kaya. “Tomik ha descritto perfettamente i suoi capelli.”

 

Ral si passò una mano tra i capelli con un piccolo crepitio elettrico e sorrise. “Lei è Hekara, l’emissaria Rakdos.”

 

“Incantata, direi.” Hekara si inchinò facendo tintinnare i suoi campanellini. “Bel trucco con il tetto.”

 

“E lei” continuò Ral, “è Vraska, regina dei Golgari.”

 

Kaya la guardò dall’alto in basso. “Nella mia esperienza le regine sono un po’ diverse, ma mi sta bene lo stesso.”

 

Vraska si tolse il cappuccio, rivelando i suoi tentacoli agitati, ed ebbe la soddisfazione di vedere spalancati gli occhi di Kaya.

 

“Non sono la solita regina” disse lei. “Ora siamo tutti qui, Zarek. Perché?”

 

“Non so se siete a conoscenza della situazione all’interno degli Orzhov” disse Ral. “Teysa, l’erede, è imprigionata e sotto minaccia di esecuzione. Lei vuole collaborare con noi, ma l’attuale leadership no.”

 

“Sembra che sia ora di un cambio di leadership, allora” disse Vraska.

 

“Infatti.” Ral fece un cenno verso Kaya. “Gli Orzhov sono governati da un concilio di fantasmi.”

 

“E io sono un’assassina fantasma” disse Kaya. “Decisamente comodo.”

 

“Io avrei pensato che un assassino fantasma fosse il fantasma di un assassino” disse Hekara. “E non un assassino che uccide i fantasmi.”

 

“Potrei essere entrambe le cose” disse Kaya. “O questo mi renderebbe un’assassina fantasma di fantasmi?”

 

“O una fantasma assassina di fantasmi!” disse Hekara, emozionata. “O-”

 

“Non incoraggiarla, ti prego” disse Ral. “La cosa importante è che Kaya è pronta a risolvere la situazione per il bene di tutti.”

 

“E quindi qual è il problema?” disse Vraska.

 

“Le catacombe sono troppo ben difese” disse Kaya. “Anche per qualcuno che può attraversare le pareti.”

 

“Abbiamo bisogno di un diversivo” disse Ral. “Un attacco alla torre dovrebbe fare al caso nostro.”

 

“E voi non potete usare i vostri Izzet perché altrimenti gli Orzhov lo verrebbero a scoprire” disse Vraska, con la mente già alla fase successiva della conversazione. “Quindi volete che io mobiliti alcuni dei miei.”

 

“Sì” disse Ral, accigliato. “Avevate detto che avreste fatto qualsiasi cosa fosse necessaria.”

 

“Lo farò” disse Vraska. “E vi garantisco che gli Orzhov non hanno spie tra i miei ranghi. Il loro oro non va molto lontano nella città sepolta.”

 

Ral sbatté le palpebre. “Così, come se niente fosse?”

 

“Certamente.” Vraska alzò le spalle. “Avete ragione. È la mossa giusta da fare.”

 

“Quanto tempo vi serve?”

 

“Un giorno” disse Vraska.

 

“A domani, allora” disse Kaya, alzando le sopracciglia verso Vraska. “Non vedo l’ora di lavorare con voi.”

 

“Altrettanto” disse Vraska.

 

“Compagne!” gridò Hekara, sorridendo quanto più possibile.

 

Ral fece un passo in avanti. “Posso parlarvi in privato?”

 

Si allontanarono di qualche passo, lasciando indietro le altre due. Vraska lo guardò incuriosita. Quasi ogni persona mostrava un minimo di esitazione quando guardava negli occhi una gorgone a breve distanza, ma se Ral era intimorito non lo dava a vedere.

 

“Devo chiedervelo” disse Ral. “Veramente, come se niente fosse?”

 

“Vi ho già detto che avrei fatto qualsiasi cosa necessaria.”

 

“Perché?”

 

“Perché ora che sono diventata regina, non voglio che Bolas schiacci senza pietà i Golgari.”

 

E perché Jace sta tornando, pensò una parte ribelle di sé. E devo riuscire a guardarlo in faccia quando arriverà qui.

 

Ral non sembrava le avesse creduto, ma se l’aspettava. Se lei avesse conosciuto soltanto la vecchia sé stessa, nemmeno Vraska era sicura che avrebbe potuto crederle.

 

Le persone possono cambiare. Perfino le gorgoni. Un giorno, anche lì su Ravnica sarebbe riuscita a mostrare il proprio volto alla luce del sole.

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