La Rosa Nera
- Matt Knicl
- 20 mag 2014
- Tempo di lettura: 8 min
La casa era più decorata del necessario. La villa di Marchesa torreggiava oltre i palazzi dei suoi vicini, ogni piano aggiuntivo era un segno del suo successo. Mentre i ricchi si potevano permettere tre o quattro piani per le loro abitazioni, Marchesa ne aveva nove, sette dei quali erano praticamente inutilizzati, anche se avevano un loro scopo.
Situata all’interno dell’elite di Paliano, la Città Alta, Marchesa stava intrattenendo un ospite e compagno d’affari dei bassopiani: Ervos Trax.
Marchesa ed Ervos erano soci in affari da molto tempo. La rete di spie e ladri di Marchesa controllava buona parte della Città Alta, mentre l’impero criminale di Ervos si espanse dai bassopiani fino alla città di Talon ed i porti oltre di essa. Nonostante il potere che aveva nei bassopiani, Ervos non faceva ancora parte della Città Alta. I suoi vestiti migliori, che erano chiaramente usati, erano pomposi per uno dei bassopiani, ma fuori stagione e meno notevoli per un nobile della Città Alta. Ervos aveva compiuto l’ardua camminata dei Mille Gradini per arrivare alla Città Alta dai bassopiani. Marchesa l’aveva invitato a cena ma non aveva inviato una nave per andare a prenderlo, anche se ne possedeva diverse equipaggiate con piloti.
Marchesa ed Ervos erano seduti nella terza migliore sala da pranzo di Marchesa, che permise loro di consumare un pasto più intimo. Invece di stare seduti agli estremi di un’enorme tavolata pensata per venti persone, Ervos e Marchesa erano seduti l’uno di fronte all’altra.
Ervos non aveva ancora raggiunto la mezza età, anche se per la sua tipologia di lavoro questo l’avrebbe comunque reso anziano. Era bello sotto certi aspetti, con i suoi capelli biondo rossiccio ed i denti più curati della media. Fu con il suo bell’aspetto ed il suo fascino innegabile che iniziò a sfruttare le sue prime vittime. Anche se vestiva secondo la moda della stagione prima, un vestito un po’ pacchiano di tessuto dorato, Marchesa notò che Ervos era ancora piacevole alla vista.
Marchesa aveva i propri capelli corvini appuntati con spilli decorati. I nobili ed i ladri si continuavano a chiedere la ragione per cui Marchesa ostinava a vestirsi secondo la moda delle donne più anziane di Paliano, nonostante fosse solo leggermente più vecchia di Ervos. Persino ora, ad una cena più informale, indossava un vestito che si poteva vedere comunemente nella Camera Alta durante una votazione, sgualcito da un senatore che si addormenta mentre viene registrata la conta dei voti. Alcuni sospettavano che si vestisse in quel modo per evidenziare il ruolo che desiderava sugli altri, mentre altri sussurravano che la Rosa Nera si credesse la governatrice della città. Ervos ha sempre sorriso a queste dicerie, perché sapeva che Marchesa vestiva in quel modo semplicemente perché le piacevano i vestiti, ed anche se era una donna dai grandi secondi fini, il suo abbigliamento non ne aveva. Vestiva bene lo stile degli anziani, pensò Ervos, riuscendo a rimanere per qualche ragione fluida nei movimenti, utilizzando le proprie braccia per parlare e camminare velocemente durante il discorso, nonostante lo stile fosse tipicamente indossato da persone lente e rigide.

Marchesa, inoltre, indossava anche un anello su ogni dito, ciascuno costoso e decorato. Il più grande era il rubino che indossava sul suo dito medio sinistro. Ogni anello ospitava un veleno diverso, ma il rubino conteneva il più letale di Fiora.
Ed eccoli seduti, regali e composti, due assassini che consumavano lentamente il proprio pasto di agnello arrosto e verdure esotiche al vapore. L’unico suono nella stanza era il tintinnio dell’argenteria contro i piatti, i coltelli che tagliavano l’agnello e che raschiavano il piatto sottostante. Poi Ervos, senza alzarsi a guardare la sua ospite, parlò.
“Penso che ti farò uccidere” disse Ervos, poi diede un morso ad una cioppa di pane estremamente imburrato.
Marchesa smise di tagliare il cibo, ma solo per poco tempo, e continuò a fendere attentamente la carne.
“Oh?” rispose lei dopo il suo silenzio. Mangiò un boccone del proprio cibo, con gli occhi fissi sul piatto. “E come faresti?”
Ervos guardò Marchesa e si spinse contro la sedia, sedendosi diritto.
“Sarebbe una bella sfida, certamente, ma ho un piano.” disse Ervos, sicuro di sé.
Marchesa bevve un sorso di vino e ruppe un po’ di pane dal cestino di fronte a lei.
“E perché vorresti uccidermi?”
“Per affari, puri e semplici. Sono stufo di fare la camminata su per le scale, e la mia rete si sta spostando progressivamente nella Città Alta. Tu, mia Cara Amica, sei il mio unico ostacolo. E so che non permetteresti mai ad un rivale di avere così tanto potere nella tua città.”
“Capisco. Ma ti prego, non stuzzicarmi con delle nozioni vaghe,” disse Marchesa, quasi canzonandolo. “Devo sapere come pianifichi di porre fine alla mia vita. Dimmi più dettagli.”
Ervos posò entrambe le mani sul tavolo e sorrise.
“Bè, ovviamente non ti attaccherei ora. Hai almeno due… no, tre uomini, tra le tue mura. Non sento alcun respiro, anche se noto che questo tuo palazzo ha un forte odore di radice yantal. Ciò significa che stai cercando di nascondere un odore, quindi deduco che siano zombie, probabilmente legati alla tua protezione se tu o loro doveste percepire del pericolo.”
Marchesa si sistemò sulla sedia sorridendo, mentre sorseggiava il suo vino, stringendo il bicchiere sul lato con nonchalance ed appoggiando il braccio sul bracciolo della propria sedia.
“Non ne uscirei vivo,” continuò Ervos. “Anche se ti abbattessi ora dove sei seduta ed utilizzassi una magia per rendere i tuoi zombie inermi, dovrei comunque lasciare la casa. Avrei due vie di fuga: il vialetto o le fogne, le quali, dato che ho assassinato l’archivista cittadino e rubato le planimetrie di casa tua, so che conducono alle tue cantine. Il vialetto sarebbe pieno di arcieri arroccati sul tetto, e le fogne mi porteranno indubbiamente a scontrarmi con quel dannato Grenzo con cui hai degli accordi. Allo stesso modo, ho il forte sospetto che se riuscissi ad assassinarti sarò certamente colpito da un qualche tipo di oscura maledizione che mi lascerebbe in uno stato di dolore indicibile, senza mai morire.”
Ervos ridacchiò. Marchesa si versò del vino.
“Perché dovrei lasciare le vere planimetrie della mia dimora all’archivista?” chiese Marchesa.
“Certo, non sono le vere planimetrie, anche se non avevo dubbi che avessi mandato degli oppressori ad intimidire l’archivista in modo che pensasse che fossero quelle originali, e che tenessi d’occhio il buon uomo in modo da sapere se qualcun’altro si fosse avvicinato. Questo dovrebbe significare che la cantina non porterebbe alle fogne o, se lo facesse, potrebbe farmi cadere in uno scivolo che mi farebbe volare giù dalla città, precipitando verso morte certa nei bassopiani di sotto.”

“Mi dai molto credito, Ervos. Ti ringrazio per la gentilezza.” Marchesa posò il suo bicchiere sul tavolo e si sporse in avanti, appoggiando la testa sull’arco formato dalle sue mani. “Ti prego, vai avanti.”
Ervos sorrise e continuò.
“Sapendo che l’archivista sarebbe stato una pista morta, perdona il gioco di parole, avrei dovuto pensare ad un modo per colpire da una certa distanza. Ora, il mio primo tentativo sarebbe stato quello di avvelenarti il cibo, ma dato che è uno dei tuoi metodi preferiti, saresti ben preparata contro questa manovra. Immagino che tu faccia arrivare il cibo da diversi luoghi, alcuni addirittura dai bassopiani, usando corrieri diversi ogni volta, in modo da non dare a nessuno l’opportunità di manomettere i tuoi pasti. Sono anche abbastanza sicuro che daresti il tuo cibo in pasto a… no, non sei tanto crudele da farlo ad un tuo impiegato… ma forse ai ratti o ai goblin, per vedere se crollano. Quindi, ucciderti attraverso il tuo cibo sarebbe fuori questione.”
“È bello sapere che questa non sarà la mia ultima cena.” commentò Marchesa. “Avrei preferito un'annata migliore per il vino.”
“Direi.” concordò Ervos. Si distese sulla propria sedia. “E come ho già ricordato, casa tua è un fortino. Non viaggi regolarmente, ma quando lo fai, viaggi con guardie armate ed agenti vestiti da nobili e da passanti, con alcuni che ti seguono in cima ai tetti. Un assalto diretto farebbe molti morti, e tu hai abbastanza contatti da rendere difficile ottenere aiuto. Ti arriverebbero all’orecchio voci della mia sedizione. Anche se provassi a reclutare una banda di goblin o delle guardie dei Custodi, probabilmente lo verresti a sapere.”
“Sembra che io non abbia nulla da temere” disse Marchesa, ancora sorridente.
“Oh, e invece dovresti, perché c’è la tua debolezza.” disse Ervos, questa volta bevendo molto vino. “Entrambi, come rischio del mestiere, ci affidiamo troppo ad altri. Che cos’è un ragno quando non può fidarsi della propria tela? La gente può venire spezzata, la gente può cambiare fedeltà. Così come coloro che ti proteggono e sono tuoi agenti per tutta la città; tutto ciò che mi serve fare è trovare qualcuno da comprare all’interno della tua organizzazione.”
“Verissimo, ovviamente, ma quale giocatore investiresti di questo ruolo?”
“Sarebbe un problema di accesso. Quelli della tua guardia personale ed i tuoi maggiordomi sarebbero difficili da approcciare; penso che ognuno spii gli altri come parte del loro lavoro. Mi servirebbe trovare qualcuno fuori dalle tue operazioni, qualcuno che potrebbe ricevere ordini da coloro a cui tu dai ordini, ma non troppo lontani dalla cima. Mi servirebbe qualcuno come un caposquadra che sorveglia le spedizioni o un notaio che distribuisce fondi ai tuoi assassini. Mi servirebbe qualcuno come…”
“Pietro Lokosh?” Lo interruppe Marchesa.
Ervos tossì e bevve del vino per calmare la sua gola. Marchesa colse l’opportunità per mangiare altri bocconi del suo cibo, spostandosi dalla carne alle verdure, che ora erano un po’ fredde, ma sempre costose e deliziose.
“Sì” disse Ervos, sempre tossendo, con il volto leggermente più rosso a causa delle sue convulsioni. “Come uno dei tuoi sotto-tenenti, Pietro Lokosh sarebbe il tipo di persona che potrei utilizzare. Userei un mio agente per scoprire le sue debolezze, come la sua famiglia. E poi lo estorcerei, con la minaccia della violenza, nel darmi informazioni sugli spostamenti del tuo personale. Raccoglierei informazioni nell’arco di qualche settimana per vedere dove saresti stata più vulnerabile, anche se sarebbe stato soltanto un attacco al tuo portafogli.”

Ervos iniziò a tossire di nuovo, questa volta ritrovandosi con del sangue sulle mani, che ripulì velocemente con un tovagliolo di tessuto che aveva in grembo. Marchesa lo vide, anche se non lo fece notare apertamente. Lei parlò mentre lui tossiva.
“Io avrei, ovviamente, sospettato di un tale sotterfugio ed avrei posto fine alla vita di Pietro per precauzione. Allo stesso modo, avrei localizzato la tua spia e cambiato la sua alleanza in cambio di oro, permettendomi di tenerti meglio sotto controllo, inviandoti le informazioni che volevo che sentissi, fino alla decisione di uccidere la spia e riprendermi l’oro. Per sicurezza.”
Ervos annuiva mentre lei parlava, sempre tossendo nel suo tovagliolo insanguinato, con la faccia più paonazza di prima, alzando un dito per chiederle di fermarsi.
“Avrei saputo, ovviamente, che la spia sarebbe stata usata contro di me.” disse, parlando in mezzo alla tosse, col sangue ora sparso sul suo cibo non finito. “So anche che qualsiasi persona nella mia organizzazione alla fine verrebbe corrotta dalle tue promesse, e non potrei mai fidarmi di qualcuno che è stato al tuo servizio. So anche che non sono esperto come te nel conoscere le persone, a vedere tutte le variabili. Ammetto che sia una mia mancanza. Saprei di non essere capace di ucciderti, ma finché i nostri affari continuano a schierarsi l’uno contro l’altro, uno di noi sarebbe dovuto morire. Quindi invece di lasciarmi uccidere da te, mi avvelenerei da solo, sapendo di morire indipendentemente da qualsiasi intrigo che potessi pianificare.”
Marchesa annuì, il sorriso le era scomparso dal volto. “Sono colpita, mio Vecchio Amico. Devo dire che sono meravigliata da questa mossa. Avevo organizzato la tua uccisione nel sonno al tuo attico segreto tra due notti a partire da oggi. Sembra che verrò incolpata per la tua morte e affronterò la vendetta dei tuoi associati.”
Lei si inchinò. “È stata una bella mossa.”
Ervos sorrise, tremando mentre cercava di stare seduto sulla sedia, ma poi cadde in avanti, con la faccia nel piatto, morto.
Marchesa sospirò e si mise a giocherellare con i suoi anelli. Si alzò, spingendo indietro la propria sedia, e camminò verso il corpo di Ervos. Voleva baciarlo sulla fronte, ma sapeva che Ervos avrebbe messo del veleno sulla sua pelle per sfruttare anche la compassione che lei poteva mostrare.
Invece, camminò fuori dalla stanza per convocare il suo maggiordomo, che era stato nel giardino sul retro da prima che arrivasse Ervos per scavare una buca per il suo corpo. Marchesa sapeva che il suo rivale si sarebbe tolto la vita, ma voleva che avesse un’ultima vittoria mentre moriva, anche se lei aveva compreso la sua mossa fin dall’inizio.



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