I Figli del Senza Nome - Epilogo
- Brandon Sanderson

- 1 gen 2019
- Tempo di lettura: 6 min
Per Davriel, i mal di testa rappresentavano un tipo di dolore familiare.
Quel tipo di dolore che soltanto un proprio parente può infliggere. Il tipo di dolore che hai conosciuto per così tanto tempo, da riuscire ad accoglierlo, a volte, poiché lo riconosci come tuo. Il tipo di dolore che rischi di scambiare per qualcosa di completamente diverso.
Lui si sistemò sulla sedia della priora, dietro la sua scrivania, sospirando e tenendo in mano la propria tazza di tè. Aveva lavorato un po’ più del previsto sul contratto posato davanti a lui, scritto in lingua demoniaca… quel mal di testa l’aveva reso veramente arduo.
Mi ripeti perché non puoi guarire i mal di testa? chiese all’Entità.
Non rispose.
Sei ancora offesa? chiese lui. Perché non ho preso il potere?
Sto contemplando, disse essa, a bassa voce. Avevo sempre dato per scontato che un giorno ti saresti risvegliato. Sono stata costretta a comprendere che probabilmente non sarà così. Non sei degno di me, e non lo sei mai stato.
Non fare così, rispose Davriel. Pensa a quanto saresti stata gelosa con un’altra Entità che poteva catturare la mia attenzione.
Hai fallito miseramente, Davriel Cane, disse. Conoscerai il costo di questo giorno. Ti maledirai quando coloro che ami bruceranno, e non perché avrai a disposizione troppo potere. Ma perché ti mancherà la forza di fermare i tuoi nemici.
Davriel rabbrividì. C’era qualcosa nel modo in cui l’Entità parlava… un’ostilità che non aveva mai notato prima.
Verranno a cercarti, lo avvertì l’Entità. Chi ti dà la caccia verrà a sapere ciò che è accaduto qui. Ti sei solamente assicurato che non riuscirai mai più a nasconderti.
Tornò in silenzio. Davriel sospirò piano, poi bevve un sorso di tè. Per il momento, con quel delizioso gusto floreale in bocca, non gli importava nulla dell’Entità. Provò piacere nel sentire il tè che lo confortava. Aveva sempre aiutato con i mal di testa.
Sul pavimento di fronte alla scrivania, un corpo si iniziò a muovere. La priora aprì gli occhi, sbattendoli ripetutamente. Da altri luoghi nella prioria Davriel udì diverse chiamate, man mano che gli altri sacerdoti iniziavano a risvegliarsi. La ragazza aveva ripristinato le loro anime prima di andarsene, e se ne era assicurato quando scoprì che la priora respirava di nuovo, ma sembrava che i corpi impiegassero un po’ più di tempo per recuperare le forze.
La priora si mise seduta, portandosi una mano alla testa. Alzò lo sguardo e si accigliò, notando Davriel alla sua scrivania.
“Mi hai mentito, Merlinde” disse Davriel, dolcemente. “Mi hai tenuto all’oscuro di terribili segreti.”
“Io…”
Lui alzò il tè. “Ho trovato un intero barattolo di salice polveroso di Verlasen nella tua credenza” disse lui. “Attendo una tua spiegazione con urgenza.”
Lei corrugò la fronte.
“Inoltre” aggiunse Davriel, “c’è quel piccolo pasticcio dell’angelo divino tenuto rinchiuso nelle vostre catacombe: un angelo che stava lentamente risucchiando il potere dal Pantano, contribuendo all’accumulo di forza grezza che non aspettava altro che uno sciocco mortale per circuirlo. Ma comunque, manteniamo la nostra attenzione sui problemi veramente seri. Mi avevi detto esplicitamente che avevi finito il tè.”
Lei si alzò in piedi e diede un’occhiata fuori dalla finestra, vedendo il sole sorto. “Cos’è successo?”
“Mmm?” disse Davriel, sorseggiando il tè. “Oh. Willia Verlasen uccise i suoi genitori per errore, dopo aver reclamato il potere rinchiuso nelle catacombe. Tornò qui, con l’intenzione di confessare, per poi perdere la fede quando scoprì che avevate ucciso la sua divinità. Iniziò quindi a raccogliere il potere del Pantano e, schiavizzata dalle sue promesse, iniziò a strappare l’anima dalla gente di Verlasen.”
“Per il fuoco infernale” borbottò la priora. “La giovane Willia? Ne sei sicuro?”
“Bè, le prime volte che ha tentato di ammazzarmi stanotte ero un pochino incerto. Ma quando decise di comandare un esercito di geist per strapparmi l’anima dal corpo, riuscii a vedere finalmente la verità.” Prese un sorso di tè. “L’ho fermata, comunque. Non c’è di che.”
“Era tuo dovere” disse lei. “Come Lord degli Accessi.”
“Avrei veramente dovuto leggere tutto il contratto” disse Davriel. “Dov’era la parte che diceva di ripulire i tuoi pasticci? Subito dopo gli articoli del caveat emptor, suppongo?”
Lei non rispose, ma si mise alla luce del sole e chiuse gli occhi, per poi lasciar andare un lungo sospiro.
Davriel poggiò le dita su una spada che aveva messo sulla scrivania: lunga, curva e terribile. Povero Crunchgnar. Era così strano che a Davriel sarebbe mancato quello sciocco acido? Non sarebbe mai riuscito a trovare un altro demone così divertente da stuzzicare.
“Dovremo prepararci” disse Davriel, sorseggiando il suo tè. “Dopo gli eventi della scorsa notte e di questa mattina potremmo assistere ad un aumento di… indagini contro di me. E non sarà facile sviarle tutte.”
Lei gli lanciò un’occhiata.
“Sono ancora piuttosto basito dall’aver trovato una divinità morta nella tua cantina, Merlinde.”
“Lei non era la nostra divinità” disse la priora. “Lo era tanto quanto il Pantano. Era un nostro fardello. Entrambi lo erano.”
“Bè, ora sono il fardello di qualcun altro” disse Davriel. “Povera ragazza.”
“Cosa intendi?” chiese la priora, voltandosi. Poi impallidì, guardando ciò che lui aveva scritto. “Hai profanato la mia prioria con della magia demoniaca, Cane? Come osi-”
Lui alzò lo sguardo, puntandole la penna contro. “Non provarci neanche. Non farlo. E poi, questa è a malapena considerabile magia. È più un documento legale che incoraggia all’azione le forze oscure, ricordando che esiste un essere che è probabile che riuscirà a vincere la mia anima rispetto a tutti gli altri.”
Sperabilmente. Avrebbe quasi pregato quell’angelo morto se avesse pensato che poteva essere di aiuto.
Ti prego…
Il suo cuore sobbalzò quando udì un gruppo di urla sbalordite che riecheggiava dai piani inferiori. Si alzò in piedi di scatto, infilandosi un pacchetto sotto braccio e correndo nel corridoio. La priora lo seguì mentre sfrecciava giù per le scale ed entrava nelle catacombe, seguendo le grida.
Camminò rapidamente fino alla piccola camera dove un tempo veniva mantenuta la Pietra dell’Anima. C’erano diversi giovani sacerdoti nella stanza che urlavano di paura… probabilmente avevano provato a trovare un modo per aggiustare il gingillo. Se era così, erano stati interrotti da un’oscura figura che si era materializzata dal fumo dinanzi a loro.
Davriel si tolse velocemente il mantello, e lo posizionò su quella scura figura mentre prendeva forma. Non la copriva interamente, però, e quindi la priora trasalì quando apparve la Signorina Highwater. Uno dei sacerdoti riuscì perfino a svenire.
“Non fissatela inebetiti” disse Davriel agli altri. “Non fate altro che incoraggiarla.”
La demone colse il suo sguardo, poi sorrise.
Lo colse un’ondata di sollievo. Era il suo sorriso. Per un attimo aveva avuto il timore che sarebbe stata creata una nuova creatura che prendesse in carico le istruzioni che aveva scritto.
“Abbiamo vinto?” gli chiese lei.
“Ad essere sincero, non ne sono sicuro” rispose Davriel. “I miei contadinotti sono tornati, ma la nostra piccola ragazza musicista è latitante con un potere antico ed incredibilmente prezioso dentro di lei.”
La Signorina Highwater, tornata alla sua forma originale, allungò la mano in attesa. Lui sorrise, poi rivelò il libro mastro di lei dal pacchetto di tessuto che aveva e glielo porse.
Lei diede un’occhiata ai sacerdoti, che stavano cercando di andarsene pian piano dalla stanza. La priora, mostrando buonsenso, aveva incrociato le braccia ma non sembrava avesse intenzione di fare particolari richieste.
“Ne è svenuto solamente uno” borbottò la Signorina Highwater. “Sto veramente perdendo il tocco, vero? E tu. Hai lasciato andar via la ragazza con il potere del Pantano? Veramente?”
“Ero occupato a piangere l’improvvisa dipartita di Crunchgnar.”
“Che scemo” disse lei, sfogliando il suo libro mastro e le note sul retro. “Scherza quanto vuoi, ma so che ti mancherà. Altre cose che dovrei sapere?”
“I sacerdoti stavano nascondendo un angelo. La rinchiusero qui quando impazzì… e poi le fecero tagliare la gola da Rom.”
“Che cosa carina” disse lei. “E poi dovrei essere io il demone.”
“Potrebbe essersi liberato un posto come nuovo oggetto degno di adorazione” disse Davriel. “Potresti candidarti.”
“Come pensi che sia la loro politica riguardo la nudità?”
“Suppongo qualcosa tra ‘No, ti prego’ e ‘Oh, angeli del cielo, il mio cervello si sta sciogliendo’. Ma ricordati che hanno dei bei cappelli.”
Lei ridacchiò. “Non fa per me. Credo di avere ancora un contratto da soddisfare con un certo diabolista ostinato. Per quanto riguarda Tacenda, credo che dovrò rintracciarla. Veramente, Dav. Come ti sei fatto fregare quel potere da lei?”
“Magari non lo volevo.”
La Signorina Highwater chiuse il suo libro mastro con uno scatto, stringendo gli occhi verso di lui.
“Tacenda si meritava davvero l’Entità” disse lui. “Ha fatto praticamente tutto il lavoro: ha cantato e ha riottenuto le anime degli abitanti del villaggio. Avresti dovuto vederla. È stata veramente eroica.”
“Tu non credi nell’eroismo.”
“Non è assolutamente vero” disse lui. “Accetto che sia un attributo che altri credono di possedere. Tornando alla Signorina Verlasen, bè, la verità è che avevo bisogno di dimostrare una cosa.”
“Non facendo nulla?”
“Nulla è l’unica cosa che faccio veramente bene.” Le porse il braccio, e lei lo accettò. “Vieni. Pensi che riusciremo a far tornare i contadini a lavorare oggi? Hanno passato un intero giorno da morti, quindi dovrebbero essere ben riposati, e si dà il caso che io sia rimasto con un solo barattolo di tè…”


Commenti